Un richiamo teologico e pastorale al 'realismo' cristiano sembra essere l’elemento unificante l’ampia e articolata prolusione svolta ieri del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana. Realismo come sguardo alla realtà con gli occhi della fede e come comprensione, nelle circostanze del momento, dei segni significativi per il cammino della coscienza credente. Anzitutto le accuse e le polemiche nei confronti del Papa, la sua figura e la sua parola, non per una difesa d’ufficio, ma per un recupero delle intenzioni reali e documentate del suo governo e del suo magistero; per un ristabilimento cioè della verità dei fatti e delle ragioni, da opporre ad attacchi carichi anche di «irrisione» e di «volgarità». Più profondamente, per recuperare il significato teologico dello « stare con il Papa, sempre e incondizionatamente » da parte dei credenti: non con coscienza acritica, ma con 'sguardo' purificato sul mistero della Chiesa e sulla sua pietra di fondazione, condizione di reale appartenenza e di «corretto agire ecclesiali». Il realismo che fa vedere la Chiesa nel suo mistero teologico e in esso la centralità del servizio petrino è la posizione da cui guardare al mondo culturale in cui siamo collocati con criterio di discernimento e con adeguata disposizione. Siamo in tempo di «trapasso culturale » – osserva il cardinale presidente - che va assumendo «il carattere di un vero e proprio spartiacque» tra una concezione naturalistica e insieme, paradossalmente, libertaria dell’uomo e una concezione personalistica. Nella cultura contemporanea si assiste a un’oscillazione tra una considerazione dell’uomo come null’altro che, «mero prodotto dell’evoluzione del cosmo» e un’esaltazione unilaterale e astratta della sua libertà, secondo un’idea di autodeterminazione che «è legge a se stessa, al di fuori di ogni contesto relazionale». Posizioni in realtà contraddittorie, che chiedono un superamento in una più ricca idea del soggetto umano come «persona», dotata di un’identità peculiare e una dignità irriducibili alla natura cosmica e precedenti «ogni sua autodeterminazione». Persona, quindi, capace di una libertà non autoreferenziale, ma responsabile di una «natura umana» e di beni umani fondamentali, al cui apprezzamento e rispetto essa peraltro ha bisogno di essere educata. Nella vicenda di Eluana il confronto tra le «due culture» è stato drammatico. Il rivendicato «diritto di morire» suscita inaggirabili domande sulle prospettive inquietanti quanto al «diritto all’eliminazione» di tutti i soggetti inabili, quelli più deboli, quelli incoscienti. Nelle soluzioni prospettate per i «disagi personali gravi» è in gioco qualcosa del sistema socio-assistenziale, ma il «vero volto » di una società intera e il grado della nostra civiltà. Si pone il problema della limitazione del «potere biopolitico» della scienza e dello Stato. Qui il realismo è decisivo: «qui c’entra anzitutto il vero – osserva il Cardinale –, c’entra il reale-concreto» della vita nella sua debolezza, dell’esistenza nella sua inevitabile imperfezione, del rispetto sostanziale dell’uguaglianza dei cittadini, della educazione a tutto ciò delle giovani generazioni. Quella concretezza della condizione umana che a un certo punto della vicenda di Eluana molti hanno avvertito come messa radicalmente in gioco, percependo qualcosa anche dell’esempio luminoso delle suore Misericordine, che hanno testimoniato come sia possibile accogliere la condizione umana in tutti i suoi aspetti e i suoi momenti. Un ultimo esercizio di realismo riguarda la «gravissima crisi economica che sta attanagliando il mondo intero». Il presidente dell’episcopato italiano si rifà in proposito alla parola di Benedetto XVI, che vede nella difficile situazione l’occasione per coniugare in modo nuovo «competenza» e «consapevolezza etica». Il Papa ci invita a «essere realisti. […] La giustizia si realizza solo se ci sono i giusti» e questi non ci sono, «se non c’è il lavoro umile, quotidiano, di convertire i cuori » . È così indicato il compito fondamentale della Chiesa italiana nel contesto della grande crisi; e il modo della sua presenza: «il volto amico di una Chiesa che cammina con la gente», stando «dalla parte delle persone reali […]».