La vasta e positiva eco che la Caritas in veritate di Benedetto XVI sta incontrando a livello mondiale non è propiziata soltanto dalla particolare congiuntura in cui ha visto la luce. Anche se la coincidenza della sua pubblicazione con l’apertura del G8 a L’Aquila e, su più largo orizzonte, con la crisi economica e finanziaria internazionale amplificano senz’altro l’audience di una parola lucida, ponderata e attesa come questa. A leggerla con un po’ d’attenzione non si fatica a percepire che c’è dell’altro. Il fatto è che l’intervento di Benedetto XVI non solo invita a un nuovo 'slancio del pensiero' per discernere e affrontare la sfida globale che, nelle sue molteplici e correlate espressioni, tutti c’interpella. Ma di tale slancio abbozza con rigore i necessari presupposti. Riproponendo e riattualizzando il profilo profetico che qualifica la dottrina sociale della Chiesa: dalla Rerum novarum di Leone XIII, alla Gaudium et spes del Concilio ecumenico Vaticano II alla Populorum progressio di Paolo VI. Con ciò illustrando ancora una volta al nostro tempo – e con un’evidenza apprezzabile da ogni persona di buona volontà – l’inesausta virtualità forgiatrice di storia ch’è per sé insita nel vangelo di Gesù; e insieme la missione di compagnia attenta e solidale con cui la Chiesa s’impegna programmaticamente ad accompagnare il cammino e il destino della storia. La Caritas in veritate , in realtà, attesta in uno l’incessante e organico sviluppo del magistero sociale, l’originale contributo che vi apporta la penetrante intelligenza teologica di Benedetto XVI e la maturazione vissuta, soprattutto in questi ultimi decenni, grazie alle sperimentazioni e alle riflessioni messe in atto dalla comunità cristiana nel concreto della prassi sociale e in obbedienza all’imperativo di seminare il lievito e il sale del Vangelo nel mondo complesso e ambivalente del mercato e della tecnica. Ma in che consiste, se si guarda al suo nucleo ispiratore, lo slancio di pensiero auspicato da Benedetto XVI? A ben vedere, tutto è già racchiuso nell’ incipit : «La carità nella verità». Se la carità dice Dio e dice l’uomo secondo Gesù, ed è pertanto «la via maestra della dottrina sociale della Chiesa», ne segue che essa, la carità, non è motivata da un vago sentimento o da un’intenzione meramente soggettiva: ma è intrinsecamente abitata da una luce che investe e rischiara il significato di tutta l’esistenza, nei suoi risvolti personali e sociali, politici ed economici. In altri termini – scrive il Papa – «vivere la carità nella verità porta a comprendere che l’adesione al Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale». Ciò che dunque propone la dottrina sociale della Chiesa non è un fatto decorativo od opzionale, non è un semplice correttivo etico dell’agire economico o politico: ma dischiude la via concreta della gratuità, del dono, della reciprocità seguendo la quale soltanto le persone e i popoli realizzano insieme il loro destino. Se questa è verità di sempre, oggi essa acquista una singolare incisività: nel momento in cui la globalizzazione dei mercati e, più in profondità, dei progetti e delle esperienze di vita invoca la messa in opera di uno sviluppo integrale e interdipendente dei singoli e dei popoli. Come aveva intuito Paolo VI. Ciò comporta, con urgenza, creatività, capacità di dialogo e sinergia, al fine di «orientare la globalizzazione dell’umanità in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione». Da un lato, 'civilizzando' l’economia di mercato: e cioè liberandone il valore e il significato di costruzione della persona e della società nel loro esplicarsi attraverso la produzione, la gestione e la distribuzione dei beni nel segno dello scambio e della partecipazione. E dall’altro apparecchiando con lungimiranza e realismo quegli strumenti e quegli organismi politici, a livello nazionale e internazionale, che siano in grado di governare, nel rispetto e nella valorizzazione della sussidiarietà e della poliarchia, i processi non solo economici e politici, ma in primis antropologici e culturali della globalizzazione. Benedetto XVI invita dunque con forza tutte le coscienze, non solo chi è discepolo di Gesù, a far proprio coraggiosamente e in spirito di unità quello slancio di pensiero che solo è in grado – con il 'di più' che viene da Dio riconosciuto senza laicismi o integrismi di sorta nella sua rilevanza pubblica – di educare l’uomo e la donna capaci di «esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale».