Non passa giorno che indagini della magistratura e di tutte le forze dell’ordine non portino alla luce gli interessi delle mafie, in particolare di camorra e ’ndrangheta, nell’azzardo legale. Ieri l’ultimo caso, con l’operazione condotta dalla Dda di Napoli e dal Gico di Roma della Guardia di Finanza, nei confronti di un imprenditore, titolare di due società operanti in Campania e nel Lazio, in realtà prestanome del potentissimo clan Mallardo di Giugliano, il grande comune a nord di Napoli, sempre ieri non casualmente sciolto dal Governo per infiltrazione camorristica. E tre giorni fa, ancora i magistrati napoletani col Ros dei carabinieri, avevano colpito duramente gli interessi nel settore delle scommesse del clan dei 'casalesi' e nuovamente dei Mallardo, in Campania e in altre regioni italiane.
Azzardo legale, lo ripetiamo. Non quello illegale che l’apertura di migliaia di sale avrebbe dovuto combattere. Anzi, proprio il 'gioco' legale, oltre che affare diretto dei clan, copre quello 'in nero' che continua ad esistere. E fa sempre nuovi affari e più danni. Altro che scomparso! Esemplare, da questo punto di vista, quanto scrive il gip di Napoli, Maria Vittoria Foschini nell’ordinanza contro i 'casalesi'. «È quindi emersa l’esistenza di una struttura clandestina, parallela a quella autorizzata, deputata alla raccolta delle scommesse sugli eventi sportivi. È stata addirittura riscontrata la parziale sovrapponibilità tra la struttura legale e quella illegale: l’attività illecita, infatti, è in molti casi svolta all’interno degli esercizi e delle agenzie già concessionarie di licenze e autorizzazioni da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato». E questo, «per garantire la più capillare diffusione sul territorio ed anche una più efficace copertura dai controlli». Davvero, altro che scomparso!
Le mafie mettono, dunque, le mani sull’azzardo legale, ma non si accontentano. E ai giocatori continuano ad offrire quello 'in nero', facendosi forza, purtroppo, di una richiesta sempre maggiore. E più persone si 'ammalano' di gioco compulsivo più loro fanno ricchi affari. Un doppio mercato, doppi canali, spesso coincidenti. Così, come ci ha spiegato un investigatore impegnato nel contrasto a questi affari, «il giocatore d’azzardo può scegliere e spesso sceglie il sistema illegale, più veloce, più semplice, con meno regole...». La legalizzazione, dunque, non ha sconfitto il mercato illegale dei giochi, né lo tiene sotto controllo. Non ha tolto l’affare alle mafie né evitato la dipendenza da gioco. Conseguenze che dovrebbero far riflettere. E anche per altre gravi questioni.
Proprio in questi giorni, rilanciata da politici, pseudoesperti e intellettuali, è tornata a furoreggiare la proposta di legalizzazione delle droghe, e stavolta non solo di quelle cosiddette 'leggere'. Viene presentata come strumento per togliere l’affare alle mafie, per evitare faide e ammazzamenti per il dominio sul mercato, per combattere le dipendenze. Illusioni, come conferma, prove concrete alla mano, quanto sta succedendo per l’azzardo. Illusioni pericolosissime. Le mafie non hanno mai abbandonato il settore dei 'giochi', anzi ne hanno fatto un ancor più lucroso affare, grazie anche a pene basse e scarso allarme sociale. Sarebbe davvero gravissimo ripetere l’errore per la droga. Lì, in modo assai più pesante, c’è in gioco la vita di tante persone.