È sicuramente una bella notizia la maxioperazione dei Carabinieri, che ieri tra Roma, Reggio Calabria e Cosenza hanno arrestato 31 persone (altri sei sono ricercate) e sequestrato beni di ingente valore, legati al clan dei Casamonica. È una bella notizia non solo perché infligge un altro duro colpo a un’organizzazione criminale, dedita - come scrivono gli inquirenti - a reati gravissimi e odiosi come il traffico di droga, l’estorsione e l’usura, ma anche per diversi altri motivi.
Uno (ed è la vera novità di questa indagine): è stata applicata loro per la prima volta l’aggravante del metodo mafioso.
Due: lo Stato ha dimostrato che a Roma non esistono zone franche.
Tre: l’attività investigativa viene da lontano, in particolare dall’estate del 2015 in cui proprio il clan Casamonica assurse agli onori (si fa per dire) della cronaca a causa del funerale in stile 'Padrino' del capostipite Vittorio.
Quattro: i Carabinieri hanno potuto finalmente contare sul decisivo contributo di una collaboratrice di giustizia (una donna, ulteriore nota positiva).
Questo a ben vedere costituisce un’incrinatura di non poco conto nella corazza psicologica, ancor prima che di effettiva potenza criminale, sulla quale l’organizzazione basa da sempre la sua forza. «Loro sono perfettamente consapevoli di avere potere intimidatorio. Incutono timore e nessuno li denuncia mai», afferma la stessa collaboratrice parlando con i pm della Procura di Roma nel corso di un interrogatorio. Ma lei ha avuto la forza di ribellarsi e il suo esempio, se seguito da altre donne e da uomini degni di loro, potrebbe essere utile in futuro per combattere con più efficacia questo tipo di criminalità organizzata, difficilmente infiltrabile anche per la sua natura familistica.
A quanto sembra, dunque, le cose stanno cambiando. E forse stanno cambiando anche grazie all’ondata di indignazione che seguì quel funerale dalle forme assolutamente fuori luogo. O grazie alla denuncia di tre cittadini, dopo l’aggressione dell’aprile scorso in un bar di via Barzilai (i due gestori romeni e una cliente portatrice di handicap) malmenati da alcuni membri del clan solo per un banale turno di precedenza nel servire un caffè. Stanno cambiando perché qualcuno ha avuto finalmente il coraggio di smettere di avere paura. Una bella, anzi bellissima notizia anche questa. Soprattutto questa. Ora però, di belle notizie ne attendiamo anche altre. Non è infatti la prima volta che i Casamonica subiscono arresti e sequestri. Ma da quarant’anni a questa parte, come una tremenda araba fenice, sono sempre risorti dalle loro ceneri giudiziarie più forti di prima. Non deve succedere più. Che si vada una volta per tutte fino in fondo. Che si estirpi definitivamente il cancro criminale che infesta intere zone delle periferia romana ed estende le sue metastasi anche al centro della capitale, come provano i beni sequestrati ieri. Che si proceda con tutti i mezzi possibili. E che tutti facciano la propria parte, perché la vittoria finale (come le aggressioni di ieri ai giornalisti dimostrano) è ancora lontana dall’essere raggiunta.
Faccia la propria parte il ministro dell’Interno Salvini, che ieri con un tweet si è prontamente intestato il risultato (anche se l’indagine era stata avviata e condotta durante la 'gestione'precedente) che farebbe bene - da qui in avanti - a porre sulla lotta alla mafia le puntigliose energie finora dedicate ai migranti (che a parte poche eccezioni sono vittime, non delinquenti). Facciano la loro parte le stesse forze dell’ordine, la politica capitolina (con la Giunta Raggi in testa), i corpi intermedi, i singoli cittadini. Il cancro mafioso di Roma, infatti, potrà dirsi effettivamente debellato solo quando saranno bonificate, anche in senso sociale, quelle periferie dove esso ha trovato terreno fertile anche per l’assenza delle istituzioni e la connivenza dei certi ceti affaristico-politici romani. In sostanza l’auspicio è che la bella notizia di ieri non si trasformi nella classica rondine solitaria che non fa primavera. Che, anzi, sia seguita da 'stormi' di iniziative politiche, sociali ed economiche virtuose e perciò radicalmente alternative a chi pensa di poter comandare accumulando denaro e potere con l’intimidazione e con il crimine elevati a sistema.