venerdì 1 aprile 2011
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La lettera del Santo Padre al Capo dello Stato Giorgio Napolitano del 17 marzo per il 150° dell’Unità d’Italia ci offre l’opportunità di riflettere su un aspetto ampiamente dibattuto nella storia del pensiero sociale cristiano: il rapporto tra Dottrina sociale della Chiesa e teoria politica liberale. Vorremmo specificare che ci riferiamo al liberalismo in quanto teoria dell’ordine politico e delle istituzioni; in pratica, una teoria che postula il limite del potere politico. Si tratta di una riflessione a margine dell’affermazione di Benedetto XVI su una «sana concezione liberale». Per tentare di comprendere questa importante dichiarazione crediamo sia opportuno analizzare alcuni presupposti della teoria politica liberale nel contesto stesso nel quale Benedetto XVI colloca tale affermazione: il «cattolicesimo liberale». In effetti, già nel discorso alle autorità civili e religiose a Westminster, lo scorso 17 settembre, Benedetto XVI ha evidenziato i caratteri politici peculiari che interessano per conformità la visione che la Dottrina sociale della Chiesa ha della politica: «La tradizione parlamentare; l’equilibrio tra le legittime esigenze del potere dello Stato e i diritti di coloro che gli sono soggetti; i limiti all’esercizio del potere; la libertà di espressione; la libertà di affiliazione politica; il rule of law; l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge». In pratica, i caratteri tipici del «metodo politico liberale», capaci di promuovere la dignità della persona, il dovere che le autorità civili hanno di promuovere il bene comune e una nozione di bene comune che si risolve nella visione plurale e poliarchica delle istituzioni politiche, economiche e culturali, irriducibile a una prospettiva monistica e centralistica. L’individuazione di un metodo politico liberale consente di scindere i portati positivi del liberalismo dalle sue manifestazioni storiche, per incanalarli nelle varie culture politiche, delle quali può diventare un solido denominatore comune spendibile nella concreta attività politica. A dimostrarlo c’è tutta l’esperienza di don Luigi Sturzo, che riconosceva al liberalismo d’aver introdotto due conquiste ormai inderogabili per la civiltà: il «metodo della libertà» e il «metodo rappresentativo». La libertà non è mai un dato pacificamente acquisito, quanto una meta da raggiungersi nello svolgimento della storia, incarnando la forma della libertà nelle forme istituzionali, secondo i canoni del costituzionalismo e contro quell’onnivoro 'Stato' accentratore che tenta di annichilire quanti minacciano di porre un freno ai suoi poteri: le autonomie locali e la società civile, le famiglie e le altre istituzioni, ovvero la naturale capacità aggregativa e organizzativa dei corpi intermedi. A garantire il pluralismo è allora deputato il metodo rappresentativo. A sua volta, l’antropologia cristiana arricchisce il senso di questa libertà e di questo potere del popolo, evitando di personificare lo 'Stato' o le masse, e riferendosi piuttosto agli uomini concreti che operano nelle istituzioni, con tutto quel corollario di antiperfettismo e di contingenza, così ben approfondito a partire da Rosmini e Manzoni, per arrivare fino ai teorici del personalismo metodologico alla Sturzo. In tempi di rivolte e di rivolgimenti, va ricordato che una «sana concezione liberale», fondata sulla prospettiva antropologica cristiana, offre il metodo per il cambiamento incruento dei regimi politici, giacché, garantendone l’evoluzione attraverso la composizione pacifica del conflitto sociale all’interno del quadro costituzionale, restituisce – a livello domestico, internazionale, globale – l’immagine di un ordine poliarchico e sussidiario che nasce proprio dalla vitalità e dal pluralismo della società civile, il presupposto per una nozione di bene comune conforme alla dignità della persona umana. «L’antropologia cristiana arricchisce il senso della libertà e del potere del popolo In tempi di rivolgimenti, offre un metodo per cambiamenti incruenti di regimi politici E indica l’evoluzione verso un possibile ordine sussidiario»
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