«Uno della famiglia»: può essere espresso anche con queste parole il titolo dell’iniziativa «Uno di noi». Se il concepito è davvero un essere umano, allora egli può essere legittimamente chiamato «bambino», come fa la Convenzione universale dei diritti del fanciullo e dovrebbe essere considerato titolare dei diritti dell’uomo. Ma, prima ancora, egli è «uno della famiglia».In questi giorni è stato pubblicato il documento preparatorio del prossimo Sinodo dei vescovi che si terrà nell’ottobre 2014 con il titolo "Le sfide pastorali della famiglia, nel contesto della nuova evangelizzazione". Credo che sia precisa responsabilità dei Movimenti per la vita chiedere uno sguardo non secondario rivolto sul più piccolo tra i figli dell’uomo e della donna, riconosciuto come «uno della famiglia».Il prossimo 20 novembre è l’anniversario della Convenzione Onu sui diritti del bambino (1989) e il 10 dicembre quello della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). In tali circostanze ancora una volta affronteremo un’immane sfida: convincere il mondo (!) allo sguardo verso il bambino più bambino di tutti. L’invito all’ascolto di chi non ha voce si è fatto quest’anno grido giuridico e politico con l’iniziativa dei cittadini europei «Uno di noi». Le adesioni raccolte entro il 1° novembre sono già state consegnate a ciascuno dei 28 Stati membri dell’Ue. Perciò i gesti con i quali ogni anno abbiamo inteso iscrivere il concepito tra i bambini (conclusione del concorso europeo per studenti a novembre) e tra gli uomini (premio europeo per la vita "Madre Teresa di Calcutta" a dicembre) riceveranno un "più" di visibilità e di forza persuasiva. È assai significativo che proprio il 20 novembre nell’emiciclo del Consiglio d’Europa i 280 giovani vincitori del 24° concorso europeo dal titolo «Uno di noi» votino il documento finale – sintesi dei loro elaborati – da inviare alle istituzioni europee.È giunto veramente il momento di dare una risposta alla questione antropologica: l’uomo è davvero sempre, proprio sempre, anche nelle condizioni della più estrema povertà – come avviene all’inizio della sua vita – un uomo, come tale vestito di una sempre uguale dignità umana o è – come proprio in questi giorni ha ripetuto Lidia Ravera – «un grumo di materia» quando si sviluppa nel seno di una donna o in una provetta di laboratorio? La questione è decisiva per l’intera cultura dei diritti umani, per gli stessi concetti moderni e le loro attuazioni pratiche di uguaglianza, solidarietà, precauzione, per ritrovare speranza in un rinnovamento civile e morale che investe tutta intera la vita umana e quindi il bene comune, le strutture civili, la politica. Non diversamente il mondo è cambiato anche quando è stata abbattuta la discriminazione tra schiavi e liberi, neri e bianchi, donne e uomini. Oggi la discriminazione da superare è quella tra i figli nati e non ancora nati, ma figli anche questi ultimi, membri anch’essi della famiglia umana e più intensamente di quella molecolare cellula della società che chiamano famiglia in senso stretto, nella quale il rapporto primordiale inestinguibile è quello tra la madre e il figlio.«Uno della famiglia», dunque. È una gioiosa evidenza che chi prepara vestitini e culle, per i fratellini che attendono un compagno di giochi, per chi vede compiersi il senso della sua stessa vita. Ma è dramma indicibile, per chi non vede altra soluzione che programmare la morte; è contraddizione tragica per chi riflette sui 40 milioni di aborti ogni anno nel mondo, a cui si aggiungono i figli scartati nei laboratori biotecnologici. Dramma individuale e tragedia sociale che non sono sedate dal tradimento della ragione o dal silenzio. E, in ogni caso, problema familiare e pastorale di prima grandezza. Più grave – a me pare – della questione delle separazioni, dei divorzi, dei matrimoni omosessuali, anche se con questi argomenti talora è connesso. Per questo la Carta dei diritti della famiglia tanto si sofferma anche sul diritto alla vita dei concepiti, per questo lo Statuto del Mpv manifesta anche l’impegno per la famiglia, per questo è così bello che il Forum delle associazioni familiari tanto si impegni anche per difendere e promuovere il diritto alla vita, per questo è impensabile che l’impegno per la famiglia non si colleghi organicamente e formalmente alla vita, così come non si può pensare di difendere la vita nascente senza un servizio anche alla famiglia e al suo aspetto più straordinariamente stupefacente che è la maternità