In entrambi i casi due uomini arrivati, nel loro ambito, al vertice del potere, si sono trovati a fare i conti con le energie e la stanchezza, e un carico oneroso; e se la scelta alla fine è stata opposta, analoga è la ragione che ha ispirato la loro decisione. Benedetto ha scelto «per il bene della Chiesa», Napolitano per il bene di un Paese nelle cui sorti profondamente si identifica. Entrambi dentro a una logica non egoistica, e ignorando ciò che converrebbe, ciò che sarebbe comodo. La scelta di Benedetto nel suo primo impatto è stata sconvolgente. È occorso del tempo, a molti di noi, per capire ciò che ci voleva dire: che la barca della Chiesa è di Cristo, «non è mia, non è nostra, ma è sua», ci ha ripetuto, nell’ultima Udienza. E dunque perfino un Papa può ritirarsi, incalzato dagli anni e dal peso sulle spalle, se ha coscienza di fare il bene della Chiesa.
Un bene più grande, nella certezza di un’appartenenza profonda e di un 'io' che si allarga in un ampio, corale 'noi'. Laicamente, due mesi dopo, Giorgio Napolitano, già comunista, sessant’anni in Parlamento, declina un sentimento parallelo, quando dice di aver scelto dentro a una radicata identificazione con le sorti del Paese. Per un uomo che a giugno compirà 88 anni sarebbe stato più facile lasciare: ma, nel frangente drammatico in cui l’Italia si trova, più forte è stata la coscienza di quell’'io' che si riconosce in un 'noi', nell’indissolubile destino degli individui che fanno un popolo. In un tempo di egoismi coriacei e di individualismo eretto a sistema, e di un potere che pensa prima di tutto a conservare se stesso, ci volevano due grandi vecchi, per mostrare che un’altra logica è possibile. La logica del bene comune, che sembra dimenticata, che è sembrata così drammaticamente latitante, in questi giorni in Parlamento.
E viene da domandarsi perché, per trovare l’impronta di questa volontà positiva e comune, bisogna guardare a chi ha più di ottant’anni. Forse è perché questi due uomini sono cresciuti in anni terribili, imparando però dalla storia che un bene comune esiste e va ostinatamente cercato? E che cosa si è interrotto allora, cosa non viene più tramandato? Una poesia di Mario Luzi domandava: «E ora che cosa non ricordano, che cosa non sanno?», alludendo quasi a una rottura nella catena delle generazioni. E se però si impara non per parole ma per testimonianza, guardiamoli bene questi due. Già quando si incontravano era evidente che, pur venendo da storie diverse e persino opposte, si intendevano profondamente. Per strade asimmetriche, per differenti destini essendo giunti a un sentire affine, che sorpassa le personali ambizioni e tende a un bene più grande. Quei due vecchi come il vino buono, che col passare degli anni si fa prezioso, e a volte straordinario.