Volontari raccolgono i corpi di soldati russi caduti in combattimento trovati nel villaggio di Vilkhivka - REUTERS/Julia Kochetova
Le guerre hanno un movimento contraddittorio, sono distruttive e reazionarie perché portano il mondo indietro e lo fanno introducendo massicce quantità di innovazione. Il complesso militare-industriale, mai in riposo, è un laboratorio di attività permanente. La tecnologia dei computer, quella dei telefoni portatili, quella dei droni, ma anche gli strumenti di analisi e controllo dei comportamenti sono l’effetto del bisogno di sviluppo degli apparati militari. Lo stiamo vedendo in questi ultimi mesi. I giornali, i siti online, le trasmissioni tv, i social si sono riempiti di profili di nuove armi, nuovi carri armati, nuovi droni, nuovi missili per la gioia degli esperti. Uno degli effetti della guerra è il volersi dimostrare naturale, normale, interessante.
Gli ucraini con la "leggerezza" di telefonini e droni
All’interno di questo quadro sconcertante il ruolo che in questa guerra stanno giocando i nuovi media è una prova di quanto poco abbiamo ancora capito della loro pervasività: non solo tecnica, funzionale, ma profondamente simbolica. Sono entrati nel nostro orizzonte psichico, sono il luogo in cui le cose che accadono ricevono una “resa” e una elaborazione che produce nuove sensibilità e nuovi sensi. Abbiamo scoperto che uno dei vantaggi degli ucraini è stata la loro appartenenza a un mondo in cui i social avevano un grosso peso ne costituivano una competenza diffusa. Riuscire a comunicare su canali non tracciabili e invece tracciare la presenza dei soldati russi attraverso i telefoni portatili privati, fare interagire droni e telefoni, inventare una guerra di guerriglia e di imboscate possibile per la leggerezza dei nuovi apparati: tutto questo è stata testimonianza di una nuova generazione di competenze. Di fronte alla centralizzazione dell’esercito russo ha giocato finora la leggerezza della resistenza ucraina; un corollario della sua occidentalizzazione. S e la Russia ha inventato i trolls e l’hackeraggio, l’Ucraina sembra essere andata già oltre nelle contromisure. E l’effetto della propaganda ucraina è stata ed è di gran lunga maggiore della propaganda russa. Lo zar non ha capito che la sua guerra all’Occidente è anche guerra ai canali globali che l’Occidente ha inventato. Dopo la caduta del socialismo realizzato, non c’è una rete alternativa a quella dei canali occidentali. Non si può essere altrettanto efficaci pur minacciando e lanciando proclami. Soprattutto è difficile fare passare dalla propria parte chi non ne fa già direttamente parte.
Se la Russia ha inventato i trolls e l’hackeraggio,
C'è qualcosa che è il simbolo di tutto questo e che effettivamente ha fatto fare un salto alla dimensione tecno- simbolica del conflitto. Mi riferisco all’idea ucraina, messa poi in pratica in maniera abbastanza massiccia, di fotografare i volti dei soldati russi morti con un sistema di riconoscimento facciale, al fine di mandare alle famiglie degli stessi soldati l’evidenza della loro morte; per scavalcare la censura russa e l’intenzione costante dell’esercito russo di evitare una reazione da parte delle famiglie. Se cercate tra le app del vostro telefono, alla dizione “riconoscimento facciale”, vi compaiono varie applicazioni “Photo Sherlock”, “Actor Detector”, “Face find” nella stessa ottica dello “Shazam” per la musica e poi, se andate avanti, si cominciano a trovare sistemi più professionali, “BioID Facial Recognition”, “IDentify”, “Face Boarding”. C i sono vari metodi che utilizzano algoritmi diversi. E si appoggiano tutti sull’accesso a delle banche dati biometriche basate sulle immagini esistenti. La loro precisione è in funzione della ampiezza o meno del campo di indagine. La British Airways, ad esempio, lo applica al riconoscimento facciale dei propri passeggeri per tracciare la loro potenziale affidabi- lità o pericolosità. In Giappone sono stati elaborati sistemi di riconoscimento facciale delle emozioni da applicare alla tecnologia di robot da usare negli ospedali. Il caso dell’Ucraina è però nuovo, dimostra che l’accesso alle banche di immagini dei cittadini russi non presenta complicazioni a utenti che conoscano la lingua, le abitudini, i siti (in realtà basta entrare in Facebook). Racconta però una dimensione simbolica straziante. Visto che i soldati di leva sono al di sotto dei trent’anni è probabile che usino molto i social e quindi sono rintracciabilissimi. E così i loro genitori, spesso linkabili. terribile pensare come questo servizio – un servizio funebre – sia diventata una delle chiavi del rivelare le pecche e le mostruosità del regime russo. Vedersi recapitata la foto del volto del proprio figlio ucciso squarcia il velo di una guerra mai dichiarata come tale e soprattutto infrange l’illusione della impermeabilità delle popolazioni di nazioni differenti. È un po’ la vendetta del trollismo anti-occidentale che è stato praticato dai servizi russi negli ultimi decenni.
C'è un aspetto simbolico ulteriore. Nella pratica di notificare ai genitori la sorte del proprio figlio c’è anche una antichissima legge del cordoglio tra nemici. Oltre lo strazio del cadavere di Ettore da parte di Achille, vige però il diritto di Priamo, del padre dell’eroe troiano a recuperarne il corpo. C’è nella terribile applicazione di questo riconoscimento facciale il tentativo di riconoscere i morti nemici come degni di un qualche tipo di lutto e di cordoglio se non di sepoltura. Ovviamente c’è anche un fine politico, quello di scoraggiare il nemico, di rovesciare l’illusione della vittoria. In questa fase ulteriore della guerra, ora che Putin ha “liberato” per il conflitto possibili coscritti over 30 è un po’ meno difficile per il regime nascondere i suoi morti, e sta passando alla loro celebrazione eroica. Un meccanismo che non è così semplice, visto che una parte degli scomparsi rimangono tali e i parenti viene detto che non se ne hanno notizie.
Questo uso dello schermo non ha avuto precedenti di questo tipo. È una guerra è combattuta sugli schermi anche a questo livello. Rispetto alle guerre passate qui c’è una mescolanza del privato alla dimensione pubblica che non si era mai vista: come se non fosse più possibile condurre battaglie mediatiche centralizzate e come se ogni retorica e monumentalismo venga demolita dalla diffusione di una logica in cui l’individuo è diventato una centrale autonoma di immagini. È l’emersione, in un regime di menzogne come quello che si instaura in una guerra, di un momento di agghiacciante verità, la verità della guerra sono i volti straziati dei morti.