Con la pubblicazione del documento "Per un Paese solidale", il Mezzogiorno torna al centro dell’attenzione della Chiesa italiana. Frutto di un’ampia riflessione collegiale, esso si inserisce con l’autorità morale dei vescovi in un dibattito sulle emergenze del Sud che negli ultimi tempi, a partire da ottiche differenti e secondo sensibilità politiche e culturali articolate, è di nuovo attuale.La Chiesa invita a guardare al Mezzogiorno «con amore», a condividerne i bisogni e le speranze. Fa appello all’intelligenza, alla creatività, al coraggio di un «pensare insieme», all’assunzione di una responsabilità nuova, riponendo grande speranza nei giovani del Sud. Sono proprio loro, in qualche modo, i protagonisti del documento, sollecitati continuamente al duro ma necessario compito del riscatto da modelli di pensiero individualisti e nichilisti e da strutture che sfruttano e abbruttiscono il territorio. Sono loro a essere stimolati a valorizzare il patrimonio morale e religioso che il Mezzogiorno, nonostante tutto, sa ancora esprimere, incoraggiati a sperimentare nuove strade nello sviluppo economico, chiamati a favorire «un cambiamento di mentalità e di cultura» per vincere «i fantasmi della paura e della rassegnazione» (n. 16).Lo spettro di osservazione del documento è ampio, perché tocca mali antichi come il fatalismo, emergenze moderne come la questione ecologica, e tematiche recentissime come il federalismo, sul quale il giudizio dei vescovi è chiaro: esso non deve accentuare le distanze tra le diverse parti d’Italia ma saper essere «solidale, realistico e unitario» (n. 8), senza che lo Stato rinunci a proteggere i diritti fondamentali di tutti gli italiani.Il male più oscuro del Mezzogiorno continua a essere la criminalità organizzata: le «mafie – viene detto in modo chiaro e perentorio – sono strutture di peccato»; esprimono «una forma brutale e devastante di rifiuto di Dio e di fraintendimento della vera religione»; rappresentano «la configurazione più drammatica del "male" e del "peccato"» (n. 9). La condanna è netta, senza ombre né esitazioni: riecheggiano le parole forti di Giovanni Paolo II ad Agrigento e a Napoli.Oltre che nei giovani, la speranza dei vescovi è riposta nelle comunità ecclesiali e nella loro capacità di essere luogo e laboratorio di idee e fatti concreti, come dimostrano le cooperative e le aziende promosse grazie al Progetto Policoro. Da tempo la parte migliore delle Chiese del Sud si è allineata con la parte migliore della società civile per combattere ogni forma di illegalità, per promuovere una mobilitazione morale, dimostrando quanto le strutture ecclesiali siano profondamente calate nella realtà meridionale e di quale potenziale di cambiamento esse dispongano.All’orizzonte del Mezzogiorno non c’è solo l’esigenza di un’economia sana. È necessario dare spazio anche alla cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e dell’impresa nel rifiuto dell’illegalità. Sono valori etici, culturali e antropologici non da porre in alternativa alle regole dell’economia, ma da intendere piuttosto come motori per lo sviluppo integrale del Sud: davvero ci vuole «coraggio e speranza» (n. 20).La Chiesa, in questa emergenza educativa, rivendicando «un ruolo nella crescita del Mezzogiorno» (n. 16), mette in campo il suo patrimonio religioso, morale e culturale, puntando sull’associazionismo laicale, sui movimenti e soprattutto sulle parrocchie. Molto dipenderà dal livello di ricezione di questo documento nelle Chiese del Sud come in quelle del Nord, cioè dalla capacità delle comunità ecclesiali di farne non solo oggetto di studio, discussione e confronto nel breve periodo, ma di considerarlo come mappa orientativa del decennio che si sta aprendo. Decisivo, in questo senso, sarà il grado di coinvolgimento di tutte le diocesi e la loro disponibilità a confrontarsi e collaborare in prospettiva nazionale. «Ogni Chiesa custodisce una ricchezza spirituale da condividere con le altre Chiese del Paese» (n. 15): non è una sfida di poco conto.