Nel quadro confuso dei tentativi in atto fra Ue e governi europei per dare soluzioni alla "crisi mediterranea" va assumendo particolare interesse la proposta che emerge dalle Regioni. Appare evidente, dagli eventi che si susseguono, l’esigenza di una nuova strategia, che tenga conto degli errori commessi e dei nuovi attori protagonisti in Nord Africa e Medio Oriente – i popoli e le società civili – troppo a lungo trascurati dall’Europa e dai governi europei e che, soprattutto, vada oltre l’intervento militare (già costoso quanto l’avviamento di un
Piano Marshall): si richiede una nuova politica euromediterranea in discontinuità rispetto al recente passato.L’approccio esclusivamente intergovernativo e bilaterale ha infatti limitato i risultati del processo di Barcellona, ha bloccato in partenza l’Unione per il Mediterraneo ed è stato superato dal protagonismo dei nuovi attori. Occorre perciò ripartire dal basso per recuperare la fiducia nell’Europa della Sponda Sud, a fronte dell’attrazione politica ed economica esercitata dagli Usa e dai Paesi emergenti, Cina in testa. L’Europa possiede un’ultima e unica carta da spendere nel Mediterraneo: la sua prossimità, fatta di entità regionali e locali, culturali ed economiche, sociali e umane. Queste sono ancora capaci di incrementare con i popoli dirimpettai una fitta rete di partenariati e di scambi, finora limitati dal filtro di governi spesso corrotti e onnivori. Il processo di democratizzazione politica ed economica può essere così sostenuto, per avviare rapporti simili a quelli attivatisi spontaneamente verso l’Est europeo dopo la caduta delle barriere politiche nel 1989. Su questa risorsa, abbondante e diffusa, l’Europa può contare per fondare la nuova politica euromediterranea, dotandola degli indispensabili mezzi finanziari e di efficaci strumenti di programmazione e di governance condivise, come la Macroregione. Per attenuare la drammatica pressione che spinge verso Nord milioni di giovani non c’è infatti altra via che lo sviluppo a Sud, con investimenti non dissimili da quelli che alimentano la politica di coesione europea. Non si può più far cadere solo le briciole, come accade con i programmi destinati al Mediterraneo (Med, Enpi, ecc.), né è ulteriormente sopportabile un differenziale di 5-10 volte fra le economie delle due sponde, destinato a suscitare un’irresistibile pressione migratoria.Per cominciare a contribuire allo sforzo straordinario e non più rinviabile richiesto a tutta l’Europa, i Paesi membri mediterranei possono assumere un’iniziativa concreta e immediata, da inserire subito nel bilancio della Ue: il trasferimento di quote significative di risorse, sia nell’ambito della politica di coesione dagli obiettivi 'Convergenza' e 'Competitività' all’obiettivo 'Cooperazione territoriale transfrontaliera', sia dalle altre politiche esterne ai programmi della Politica di prossimità mediterranea. Il sacrificio che questi trasferimenti richiedono alle Regioni europee attualmente beneficiarie, va integrato con corrispondenti interventi aggiuntivi della Ue affidando la rimodulazione e la gestione dei programmi transfrontalieri e di prossimità, così impinguati, alle stesse Regioni, di concerto con le aree partner della Sponda Sud, con il compito di accompagnarne l’attuazione, ciascuna come
tutor di un’altra.Ciò consentirà di non incrementare molto, come pur si dovrebbe, la spesa europea, ma di renderla da vicino più mirata ed efficace nel tempo. Le Regioni mediterranee delle due sponde si riuniscono il 14 maggio in Sicilia, in occasione dell’assegnazione di Premio 'Al Idrissi' ai promotori del dialogo interculturale, ed elaboreranno una proposta che rilancia dal basso una nuova 'Politica euromediterranea dei popoli'. È auspicabile che tale proposta trovi gli altri livelli di governance attenti e disponibili, a partire dal Parlamento che, come le Regioni, attinge direttamente dai popoli la propria legittimazione.