Per noi cucinare è facile: giriamo una manopola e come per incanto otteniamo una fiamma azzurrognola che ci permette di cuocere tutte le nostre vivande. Oppure schiacciamo un interruttore del forno ed otteniamo resistenze incandescenti capaci di cuocere ogni sorta di dolce e pasticcio. Non altrettanto per 2,3 miliardi di persone, quasi un terzo della popolazione mondiale sparsa in 128 paesi, che per cucinare usa ancora la fiamma generata da carbone, sterco animale, legna, o altri avanzi di lavorazione agricola. Combustibile spesso gettato in un focolare aperto che satura di fumo l’unica stanza dell’abitazione adibita a cucina di giorno e camera da letto per l’intera famiglia di notte. Si stima che i metodi di cottura insani procurino ogni anno 3,7 milioni di morti premature a livello mondiale soprattutto a carico di donne e bambini. In Africa, le donne e i bambini rappresentano il 60% di tutte le morti premature dovute all’inalazione di fumo e altre forme di inquinamento dell’aria in ambito domestico. Morti che sopraggiungono per problematiche respiratorie e cardiovascolari.
Oltre che sul piano sanitario, le donne pagano le conseguenze di metodi di cottura inappropriati anche sul piano sociale. Le famiglie sprovviste di metodi di cottura puliti devono dedicare fino a cinque ore al giorno alla ricerca di legna, alla raccolta di sterco animale o al trasporto di carbone acquistato presso i rivenditori di zona. E ancora una volta sono le donne e i bambini a farsene carico, anche a rischio di violenze e aggressioni quando devono spingere la ricerca di combustibile fuori dai circuiti abituali. Ma se le aggressioni sono un rischio, l’esclusione dalla scuola e da forme di lavoro retribuite sono una certezza per persone che devono dedicare una fetta importante della propria giornata alle esigenze domestiche. Senza contare l’impatto ambientale. L’uso di legna e carbone per cucinare, ogni anno comporta la deforestazione di un’area grande come l’Irlanda, con gli effetti peggiori in Africa orientale e meridionale, dove le foreste si stanno riducendo anche per altre ragioni. Con conseguenze anche per la produzione alimentare, dal momento che ad essere abbattuti sono anche gli alberi da frutto.
Dal 2010 al 2022, il numero di individui che usano metodi di cottura inappropriati è sceso da 3 a 2,3 miliardi. Ma il progresso è avvenuto soprattutto in Asia e America Latina. In Cina, India e Indonesia, ad esempio, il numero degli esclusi dalla cucina pulita si è dimezzato, mentre continua a crescere nell’Africa Sub Sahariana, anche per effetto dell’aumento della popolazione. In questa parte del continente africano un miliardo di persone, all’incirca quattro persone su cinque, usa combustibili altamente inquinanti sia in focolari aperti che in stufe chiuse. L’Iea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia, che ha condotto l’indagine sugli esclusi dalla cucina pulita, sostiene che l’accesso universale alla cucina pulita non è una questione di tecnologia, ma di politiche. Le soluzioni sono note, ma manca la volontà di attuarle e non si fanno abbastanza sforzi per trovare i necessari finanziamenti. Allo stato attuale in Africa, meno di un terzo dei piani di miglioramento dei metodi di cucina sono finanziati, mentre il Covid e l’aumento dei prezzi dei carburanti a livello internazionale hanno ridotto i contributi a sostegno delle famiglie. Considerato che tre quarti degli esclusi dalla cucina pulita, vivono nelle campagne, l’Iea ritiene che la soluzione più percorribile sia la diffusione del Gpl, ossia il gas in bombole. Nell’ultimo decennio, il 70% di coloro che hanno migliorato i propri sistemi di cucina, lo hanno fatto tramite Gpl. Da un punto di vista ambientale le piastre elettriche alimentate con pannelli solari sarebbero la soluzione ottimale, ma gli investimenti richiesti per singola abitazione sarebbero piuttosto elevati. E nelle zone remote, dove anche il rifornimento di bombole è difficoltoso, la soluzione transitoria, è rappresentata dalle così dette cucine innovative, stufe a legna con una buona efficienza termica e contenimento dei fumi. Le cucine innovative possono ridurre il fabbisogno di combustibile fino al 75% e ridurre drasticamente i fumi pericolosi, con vantaggi notevoli sia da un punto di vista sociale che sanitario.
Secondo l’Iea per garantire a tutti l’accesso alla cucina pulita entro il 2030, servirebbero 8 miliardi di dollari all’anno, contro i 2,5 miliardi di oggi. 8 miliardi sono lo 0,3% della spesa militare mondiale e una percentuale irrisoria di quanto i governi dei paesi ricchi hanno elargito nel 2022 ai propri cittadini per proteggerli contro gli aumenti di prezzo dell’energia. Dunque si tratta di una cifra assolutamente sostenibile che potrebbe dare una svolta significativa alle condizioni sanitarie e di vita di miliardi di persone, soprattutto donne e bambini. Ma che potrebbe anche dare un contributo importante alla lotta contro i cambiamenti climatici. L’Iea calcola che il miglioramento a livello mondiale delle modalità di cucina, da qui al 2030 potrebbe ridurre le emissioni di anidride carbonica di 1,5 miliardi di tonnel-late, la stessa quantità emessa l’anno scorso dai viaggi aerei e navali. Talvolta la soluzione dei problemi è meno difficile di quanto sembri. Sono le nostre gabbie mentali a ad impedirci di metterle in pratica.