Non è detto che la notizia stia nei termini brutali in cui vien raccontata (bambina Down cancellata dalla foto-ricordo della sua classe, una quinta elementare, in provincia di Potenza), può anche darsi che la rettifica fornita dalla scuola sia fondata: la foto era venuta male, perciò è stata ripetuta, e nel giorno in cui è stata scattata di nuovo la bambina Down non era in aula. Ripeto: può darsi. Ma la domanda resta: che senso ha scattare la foto ricordo di un gruppo, con il gruppo incompleto? Non c’è sempre, sotto-sotto, l’idea che se il componente che manca è bruttino, o bassotto, o di un’altra razza (un nero fra tutti bianchi), il gruppo stia meglio così? E che, insomma, la quinta elementare di quel paese in provincia di Potenza sia effettivamente quella senza la bambina Down, perché la bambina Down era un elemento non del tutto accettato, e che insomma la macchina fotografica che scatta la fotografia in un giorno in cui lei non c’è sia semplicemente la protesi dei cervelli e delle menti dei genitori degli altri ragazzini? Pochi giorni fa correva la notizia che stanno per produrre un’auto che si fa guidare dal cervello del guidatore. Bene: qui abbiamo una macchina fotografica che scatta le fotografie come vogliono i cervelli dei committenti. Il progresso galoppa.
A questo punto il lettore penserà: ecco un ennesimo articolo pietistico, che fa leva sui buoni sentimenti, per insegnare che bisogna amare anche i bambini meno fortunati. No, lo scopo di questo articolo non è quello. Non che quello si possa disapprovare o scartare. Ma lo si dà per scontato. Qui lo scopo è un altro, e cioè quello di porre una domanda e cercare di rispondere: quella bambina Down è meno importante degli altri nella scolaresca? O altrettanto importante? O di più? Ogni bambino impara dagli altri bambini. Da tutti in misura uguale, o dai bambini con problemi s’impara di più? E ancora: la foto-ricordo di una classe serve perché un domani, fra trent’anni o quarant’anni, si possa dire che in quella classe c’era il tale e la tale. Davvero fra trent’anni o quaranta, i ragazzini di questa classe, diventati padri, ricorderanno questo o quel compagno, ma nessuno ricorderà la compagna che ora si vuol cancellare? O non accadrà il contrario, cioè che quella compagna sarà veramente l’unica, l’indimenticabile? Se le cose sono andate veramente così come la notizia fa pensare, se cioè la compagna down è stata esclusa dalla foto-ricordo, un atto del genere non può essere stato pensato e voluto dai compagni, ma dai genitori oppure (non c’è fondo all’abisso) dagli insegnanti. Conosco bambini delle elementari che hanno in classe una compagna così, e a casa fanno gossip (anche i piccoli hanno il loro gossip) sulla classe, raccontandosi che il tale pensa alla tale, e non si accorge che c’è un’altra che pensa a lui. Ora, quest’altra è una bambinetta Down, ma i compagni non la chiamano mai così, per loro è una compagna e basta. Merita la stessa attenzione di tutti. E gli stessi commenti.
Tra l’altro, i Down hanno molti pregi, per esempio sono affettuosissimi. L’anno scorso ero in vacanza in Alto Adige con due nipotine, tutt’e due delle elementari, e in albergo m’avvicina una signora con una domanda timida: se per cortesia accettavo che la sua bambina giocasse mezz’ora con le mie. «Perché – dice –, qua i genitori non la fanno giocare con le figlie». Quando la bambina arriva nella nostra stanza capisco: aveva delle malformazioni, in faccia e nel corpo. La mia nipotina maggiore si paralizza, la piccola invece si fa in quattro: mette i dvd nel computerino, le fa leggere una fiaba, le volta le pagine, gliele spiega... Come mai questa differenza di comportamento? Semplice: la piccola aveva in classe un compagno con problemi, aveva imparato a capirlo anche se non si esprimeva bene, ad aiutarlo, a parlargli, a spiegargli le lezioni. Era maturata molto. Aveva imparato più da lui più che da tutti gli altri. C’è una poesia su questo in Spoon River, parla il padre di un bambino con problemi e dice: Tu sei il vasaio, e io il vaso, nelle tue mani.