La clinica e i bambini come un prodotto: fecondati o rimborsati
mercoledì 11 aprile 2018

Soddisfatti o rimborsati. Come per un soggiorno in un villaggio turistico, o per il funzionamento di un elettrodomestico. Ma la clausola si può applicare a un figlio?

Se arriva, si salda il conto della clinica per la fertilità. Se invece la provetta non è efficace e la culla rimane tristemente e drammaticamente vuota, allora scatta il rimborso delle spese già sostenute. È la promessa di uno dei più grandi gruppi di riproduzione assistita al mondo, che gestisce 70 cliniche in 13 Paesi e in 27 anni di attività ha trattato 57mila coppie. Ebbene, nella sede di Roma e in alcune altre sedi europee per i clienti è disponibile una clausola particolarmente favorevole: «La tranquillità di sapere che, nel momento in cui la gravidanza non dovesse terminare con la nascita di un bambino», la clinica «restituirà quanto speso per i trattamenti eseguiti».

Soddisfatti con il «bimbo in braccio», come si dice in gergo, oppure rimborsati, appunto. Il programma sembra una buona trovata di marketing: se la clinica «scommette» e impegna il suo fatturato, o parte di esso, sul successo dei trattamenti di procreazione artificiale, gli aspiranti genitori sono indotti a pensare che sia più che ottimista, addirittura sicura di portare a termine la missione. Quasi una garanzia, insomma. Ma il rovescio della medaglia è che potrebbe verificarsi, da parte dello staff, una sorta di testarda perseveranza nei tentativi di fecondazione, per arrivare al risultato e dunque anche all’incasso della parcella.

Un altro dubbio è tecnico: che supplemento di tariffa e che «franchigia » può mai prevedere questa sorta di assicurazione-garanzia su un servizio che promette un bimbo in braccio entro 24 mesi, ma che registra un tasso di insuccesso dichiarato del 50% (dato pubblicato sul sito del gruppo)? I dati ministeriali italiani, tra l’altro, parlano un’altra lingua, certificando appena 12 «bambini in braccio» ogni 100 trattamenti nel 2015. E poi resta l’obiezione fondamentale: un figlio è molto più di un pacco che se non arriva non comporta l’addebito delle spese. Strappare la fattura e riavere i soldi spesi invano non è nemmeno lontanamente sufficiente a consolare gli aspiranti genitori per le speranze frantumate e per le sofferenze fisiche e psicologiche vissute durante le procedure di fecondazione assistita. Le promesse mancate non hanno prezzo né clausole. E un bambino non sarà mai un prodotto come un altro.

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