Estirpare la malapianta: lotta al caporalato oltre i caporali
venerdì 12 luglio 2024

C’è un anello mancante nella pur importante operazione della Procura di Asti che mercoledì ha portato all’arresto di due caporali, e all’interdizione di un terzo, con l’accusa di aver bastonato, sottopagato e taglieggiato alcuni lavoratori stranieri. Le violenze e lo sfruttamento, infatti, avvenivano in correlazione a un lavoro, la vendemmia, la cui esecuzione qualcun altro aveva commissionato ai tre nei propri vigneti delle Langhe. Ma, appunto, per conto di chi operavano i tre caporali? Su quali terreni è stata costretta a lavorare in condizioni indegne la manodopera straniera irregolare? Chi, in definitiva, traeva il maggior vantaggio economico dall’impiego “in nero” di persone sotto ricatto? Domande che, al momento, non hanno avuto risposta. Sulle quali facciamo conto che la Procura di Asti e la Polizia di Cuneo stiano ancora indagando. Perché se invece restassero inevase, se mancando questo anello non si riuscisse a ricostruire l’intera catena dello sfruttamento non si riuscirebbe a spezzarla veramente.

I tre caporali sono solo piccola manodopera criminale e, una volta messi fuori gioco, verrebbero presto rimpiazzati da altri. Mentre è soprattutto la committenza del lavoro nero che va individuata, giustamente sanzionata e “ri-educata” all’osservanza della legge, dei contratti e, prima ancora, al rispetto della vita delle persone. Perché di questo parliamo, anzitutto: prima della qualità dei terreni, della purezza delle uve, degli aromi del vino, ci sono il sudore e il sangue e la dignità dei lavoratori, non importa di quale provenienza. C’è allora una filiera della responsabilità che va ricostruita e risanata interamente, per sperare che episodi simili non si ripetano e per tutelare quella stragrande maggioranza di aziende agricole che si comporta in maniera corretta e subisce una concorrenza sleale. Chi possiede un vigneto, infatti, non può non sapere che ingaggiare certi personaggi, le loro false cooperative o piccole società di comodo, significa scegliere deliberatamente questo tipo di sfruttamento dell’ultimo anello della catena: gli stranieri irregolari e gli italiani senza alternative. Avesse un dubbio, al proprietario delle vigne basterebbe verificare i contratti che intercorrono fra la società in appalto e i suoi dipendenti, di solito del tutto inesistenti. In realtà, il padrone della terra commissiona la vendemmia tra i propri filari - a costi minori rispetto a quelli che dovrebbe sopportare per la manodopera regolare - in piena (cattiva) coscienza. Della quale però è giusto che risponda. La magistratura, quindi, dovrebbe applicare in tutte le sue parti la legge anti-caporalato: oltre alle sanzioni economiche, dovrebbe disporre il blocco dell’attività delle imprese nelle quali vengono individuati lavoratori in nero. Interdicendo anche agli imprenditori e proprietari di aziende agricole l’attività nei casi più gravi.

Da un paio di anni a questa parte, la Procura di Milano sta agendo con molta decisione in questa direzione: sanzionando grandi gruppi della logistica, della moda e della grande distribuzione organizzata per l’appalto di intere lavorazioni a società di comodo che intermediavano illegalmente manodopera, oltre ad essere utili per frodare il fisco. Una grande opera di pulizia, non ancora conclusa, che ha già prodotto però un cambio netto di comportamenti fra le grandi società coinvolte, oltre all’assunzione regolare di circa 11mila lavoratori. Un metodo - quello di ricostruire l’intera catena dello sfruttamento partendo dall’ultimo e arrivando al primo anello, quello posto più in alto che è l’unico efficace perché rende chiare le responsabilità. Agisce sull’immagine delle aziende. E, con i commissariamenti e il blocco dell’attività economica, impone il ritorno alla legalità. Fra i filari dei piccoli paesi delle Langhe, dove tutti sanno quali sono i casolari in cui dormono i lavoratori sfruttati, chi li raccoglie all’alba e chi li impiega nei vigneti, basterebbe bloccare la vendemmia in qualche terreno, sequestrare alcuni quintali di uve pregiate come azione esemplare. Fungerebbe da efficace diserbante contro la malapianta dello sfruttamento che rischia di infestare anche quelle terre, sino a soffocare le nobili viti. E insieme a esse, sempre più, le nostre coscienze.

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