Non esiste autentico rispetto della volontà dei cittadini-elettori senza profondo e consapevole rispetto per i ruoli e le funzioni di garanzia assegnati alle Istituzioni repubblicane. Questo è il saggio equilibrio democratico che i padri costituenti seppero costruire all’indomani della dittatura e della guerra e che poi – in particolare negli anni di quella troppo lunga transizione che continuiamo a chiamare Seconda Repubblica – nessuna evoluzione-manomissione è riuscita a cancellare.I poteri istituzionali non sono, naturalmente, uno “strumento” affidato all’arbitraria discrezionalità del detentore di turno sulle cui spalle grava, anzi, il dovere di un esemplare esercizio del rigore e della responsabilità, ma proprio per questo non possono e non devono essere neanche trasformati nel bersaglio di smodate campagne di pressione, di sulfuree intemerate accusatorie e di continui tentativi di delegittimazione. Purtroppo – dopo l’uscita dei finiani dal partito di maggioranza relativa e il conseguente e definitivo conclamarsi della crisi del bipartitismo forzoso Pdl-Pd – è, invece, questa l’irrespirabile aria nella quale siamo immersi. E il polverone sta facendo perdere lucidità a più di un politico (anche di opposizione, ma soprattutto di maggioranza). È di questo passo, però, che davvero si rischia di «tradire» la Costituzione, mortificando il Paese e le sue giuste attese.Inevitabile e appropriata nella sua misurata fermezza è apparsa, perciò, la reazione giunta ieri dal Quirinale nei confronti di chi – un deputato del Pdl – era addirittura arrivato ad accusare il presidente Napolitano di «tradimento» costituzionale per aver dato voce a preoccupazioni ampiamente sentite, richiamato i suoi propri doveri e ricordato in modo severo e appassionato quelli dell’intera classe dirigente verso la comunità nazionale.Non sappiamo ancora se la crisi politica nella quale siamo indubitabilmente immersi sfocerà in una crisi di governo e di legislatura proprio nel momento in cui di più servirebbe una salda e chiara capacità di direzione per affrontare passaggi cruciali nella difficile risalita della china della crisi economica. Ma sappiamo che alle crisi politica ed economica (certe e da risolvere) nonché alla crisi di governo (possibile e non auspicabile), non si può assolutamente aggiungere anche una quarta crisi, di natura istituzionale.Chi ha responsabilità politica smetta, dunque, di farsi usare nell’irresponsabile gioco delle cannonate d’agosto che ha cultori scriteriati e recidivi. Sembrano fuochi d’artificio, ma fanno a pezzi ciò che vale