Nel messaggio all’udienza plenaria dei membri del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, papa Francesco è entrato nel cuore delle principali tematiche sociali di questa fase storica e fissato alcuni punti che aiutano a fare chiarezza rispetto a molte interpretazioni intorno al suo pensiero.La prima cosa rilevante che ha voluto ribadire è la continuità tra l’enciclica
Caritas in veritate di Benedetto XVI, e il suo pensiero così come è stato espresso nell’esortazione apostolica
Evangelii gaudium. Si tratta di un passaggio non scontato nel momento in cui qualcuno cerca invece di evidenziare una discontinuità tra i due pontefici che non c’è, se non nel linguaggio e nelle sottolineature. Nella realtà di un pensiero che è comune, Francesco ha anche voluto ribadire il concetto della
neutralità dell’economia di mercato, perché questa in quanto strumento è sempre il precipitato di determinate matrici culturali. In buona sostanza, c’è un’economia di mercato che incrementa le disuguaglianze e una che le riduce, un’economia di mercato che include e una che esclude. Anche questo passaggio è significativo, perché la Dottrina sociale della Chiesa si pone contro il mercato quando questo diventa “incivile”, mentre guarda con
favore a un mercato civile, che dà lavoro e riduce le disuguaglianze. Un chiarimento importante se si pensa a quanti oggi tentano di far passare l’idea che questo Papa è contro il mercato, cosa non vera.Francesco ricorda semplicemente che il cristianesimo non può essere ridotto né a sola ortodossia, perché altrimenti diventerebbe intellettualismo, né a sola ortoprassi, col rischio cioè di cadere nell’attivismo strumentale e nella “praticoneria” facilona. Il messaggio della Dottrina sociale della Chiesa invece deve essere incarnato e tenere conto delle specificità ambientali, dei contesti nei quali le persone vivono.Un ultimo aspetto che si può rilevare nel messaggio di ieri è il richiamo all’errore che è stato fatto negli ultimi 150 anni nel separare il discorso economico da quello etico. I risultati della scissione tra economia ed etica sono sotto gli occhi di tutti: questa crisi è una conseguenza evidente del danno prodotto dalla irresponsabilità e dalla immoralità dell’attività economica quando prevale l’idea che
business is business, gli affari sono affari. Ecco, il Papa mostra come questa separazione ci stia facendo pagare costi altissimi, oltre che essere insensata da un punto di vista filosofico.La questione centrale è che la Dottrina Sociale della Chiesa non è un modello, ma un paradigma. Mentre il
modello si traduce nell’applicazione pratica di una serie di strumenti, il
paradigma è piuttosto uno sguardo sulla realtà: ci dice il modo con cui l’economista, il cristiano, deve guardare e affrontare le questioni della vita reale. La modalità con cui questo può avvenire discende dall’antropologia cristiana, e si richiama necessariamente al principio
homo homini natura amicus, l’uomo è per natura amico degli altri uomini, che capovolge il pessimismo dell’
homo homini lupus, l’uomo è un lupo per gli altri uomini, di Thomas Hobbes. È questo il punto da cui ripartire se ci poniamo l’obiettivo di costruire, evitando ogni possibile strumentalizzazione, un mondo con minori squilibri, meno disuguaglianze e più equità.