Che sarebbero finiti gli anni delle vacche grasse per i lavativi il ministro l’aveva detto chiaro e tondo fin da settembre. Basta con le promozioni facili, con la condotta separata dal profitto, basta con gli aiutini garantiti a sanare carriere scolastiche tirate a campare. Basta con la tirannia dei bulli e la dittatura dei pelandroni: non ci sarebbero stati sconti. Ma che l’epilogo fosse di queste proporzioni era difficile indovinarlo. Alle superiori la strage ha colpito quasi un ragazzo su due: il 42,2 per cento degli studenti - la cifra comprende bocciati e indebitati – non è stato promosso. È vero, gran parte delle carriere sono state stroncate sul nascere, sulla soglia del biennio dei licei, un tempo i gioielli del nostro ordinamento scolastico, i luoghi di crescita e tirocinio della classe dirigente del Paese. Ma non di meno impressionano i numeri dei non ammessi alla maturità, i 29mila ragazzi che oggi non si cimenteranno con la prova d’italiano, e dei respinti dalla scuola media. Dove, per concludere il preoccupante balletto delle cifre, i bocciati fanno un esercito di 70mila. Un piccolo esercito che non sembrava possibile mettere insieme. La «scuola buonista del ’68», spiega il ministro dell’Istruzione, è stata archiviata. Benissimo. Le storture della promozione per tutti le abbiamo patite per decenni tra i banchi e sulle cattedre, nelle università e nello scadimento qualitativo di tante professioni. Tuttavia i numeri oggi hanno un’evidenza talmente marcata, tanto più nella scuola dell’obbligo, da non permettere che si archivi con serenità e sollievo il 2009 come l’anno in cui, semplicemente, il lassismo ha ceduto il passo al rigore. Perché dietro le percentuali e la freddezza dei numeri ci sono la faccia e la vita dei tanti, che sono finiti – e, spesso, si sono messi – fuori gioco. Con buoni, forse ottimi motivi didattici: gli undicenni, i dodicenni incapaci d’italiano e matematica, asini in scienze, per di più bulli sfacciati e teppisti a tutte le ore. Insostenibili per chiunque. Altre domande inquietano perché una bocciatura non è la fine del mondo ma una bocciatura di massa, tanto più nel tempo dell’obbligo, è un segnale allarmante, che torna a sottolineare un’emergenza e un fallimento educativi nelle scuole oltre che in tante famiglie. Dove finiscono, poi, questi ragazzini? I disturbatori per passione oltre che per professione 'studentesca', tollerati più per timore che per decisione? Liberi da simili pesi morti gli insegnanti potranno un altr’anno svolgere più agilmente i programmi, ma quelle facce e quelle vite restano comunque sospese. Qual è il destino degli ultimi della classe? Chi se li accollerà? Il dubbio è che il rigetto scolastico non possa contare su anticorpi sociali e familiari, su dosi adeguate di scuola di recupero per quelli che – senza distinzione di censo – credono alla vita facile e pure la esigono. La scuola dell’obbligo non può bocciare, sosteneva don Milani proprio negli anni in cui dalla scuola autoritaria e selettiva si sarebbe passati a quella spesso esautorata di ogni forza educativa. E non era certo il priore dalla parte dell’istruzione all’acqua di rose: credeva fermamente, lui, in una scuola dura e senza frottole buoniste, che avendo portato avanti tutti non aveva più bisogno di bocciare. Con grande energia e forza profetica a Barbiana lui quella scuola l’aveva realizzata. Noi, peccato, possiamo solo continuare ad augurarcela, senza stancarci di ripetere che la vita e la crescita dei fuori gioco e di quelli che restano indietro ci sta a cuore.