Quasi metà dell’Italia chiamata alle urne non vota, quasi metà dell’Italia chiamata alle armi non si fa incantare da retoriche e ambiguità bellicistiche. A metterla così, l’analisi a qualcuno potrà sembrare un po’ ruvida. Eppure, si tratta di una verità percepibile in questa torrida metà di giugno del 2022.
Ed è saggio far attenzione ai segnali che vengono dal corpo vivo del Paese, compresi quelli che dicono di cittadini che non si fanno convincere neppure da tutti coloro che – nel centrodestra come nel campo largo progressista – ripetono 'pace pace' e poi votano sempre 'sì' sull’aumento della spesa militare e sulle armi da gettare nella fornace atroce della guerra d’Ucraina. Sta accadendo qualcosa e non sono solo gli ormai consueti spostamenti di voti tra case partitiche vicine e da queste verso la piazza sconsolata e ribollente dell’astensione. E tantomeno le classifiche di vere o supposte primazìe nella corsa su una triste china. Si accelera uno svuotamento di fiducia e di partecipazione nel serio gioco democratico, frutto di delusione e di non pieno riconoscimento 'dal basso' in parole e scelte 'dall’alto'.
Ma insieme s’addensano anche sorprendenti consensi su candidati sindaci capaci di fare pace tra le attese dei cittadini e le proposte dei partiti. Sembra la domanda di un’altra politica: meno aggressiva, non meno decisa in ciò che conta. Certo è la voce di un’altra Italia e di preoccupazioni vere di gente vera. Meglio darle ascolto.