Poche ore dopo l’apertura dell’anno sacerdotale nel nome del curato d’Ars, Benedetto XVI parte stamattina per San Giovanni Rotondo. Una coincidenza, forse non priva di una suggestione simbolica. Apparentemente, oltre cent’anni e due paesi e mondi diversi, e abiti differenti separano i due santi: uno parroco, l’altro cappuccino, uno comunicato clandestinamente negli anni della Rivoluzione, l’altro figlio del nostro Sud, agli albori dell’Italia unita. E tuttavia c’è un filo che unisce, nell’incrociarne le biografie, Jean- Marie Vianney e Francesco Forgione. Un filo che comincia da comuni origini povere e contadine: in sette i fratelli Vianney, in sette i Forgione. Pastori, entrambi, a sei anni. Analfabeta ancora a diciassette anni, il curato d’Ars; svezzato alla grammatica da un contadino, Padre Pio. Ma, fin qui, potrebbe essere una storia comune a tanti, nelle campagne occidentali dell’era preindustriale. La segreta simmetria si rivela invece nell’età adulta, e negli anni del ministero. Entrambi robusti uomini di preghiera, manovali del rosario, già in ginocchio alle quattro del mattino; entrambi profondamente legati al culto eucaristico ( « Lui è qui! » , annunciava estatico sull’altare, l’ostia fra le mani, il curato d’Ars; e a San Giovanni Rotondo Padre Pio con lunghe pause adoranti, sull’altare, durante la messa). Entrambi infine, ed è l’aspetto più noto, avevano il carisma di leggere nel cuore, e così attiravano i fedeli anche impensabili, che si sentivano benevolmente scrutati fin nelle viscere. Perfino i luoghi sono in qualche modo simili: Ars, solo 230 abitanti in una terra paludosa, era, prima del curato, « l’ultimo paese dell’Ain» , e San Giovanni Rotondo un borgo rurale sconosciuto: quasi che Dio ami, per gettare i suoi semi più vivi, la terra umile dei posti dimenticati. Certo, altre note comuni riecheggiano: la sofferenza delle stimmate di Padre Pio, in Vianney è un male oscuro un dolore che segretamente tormenta. Ed entrambi conoscono un comune nemico, che batte alle porte di notte, che strepita nella camera silenziosa: entrambi sono drammaticamente consci della concretezza del male. Ma ciò che davvero impressiona, la coincidenza che colpisce in questo tornare alla ribalta della Chiesa, in poche ore, di questi due sacerdoti contadini, ex pastori, non dotti, è l’analogia fra le interminabili code di penitenti di Ars con quelle di San Giovanni Rotondo. Le fila di poveri, ricchi, banditi, assassini, signori: tutti con la mano tesa, mendicanti. Di cosa? Di misericordia; della misericordia di Dio, incarnata nella faccia di un prete – di un uomo. Che proprio con quella povera faccia – talvolta, povera e inadeguata davvero – portano nella storia un Dio presente e vivo, qui e ora. È la misericordia del curato d’Ars, che aprì nella sua chiesa una porta laterale, e accanto, subito dentro, mise un confessionale; per quelli che non volevano farsi vedere in chiesa, per quelli che venivano di nascosto, dopo una vita intera lontano. E forse è solo un caso – e tuttavia a volte i casi parlano – se il Papa, all’inizio di quest’anno dedicato ai sacerdoti, in meno di 48 ore va dalla memoria di Ars a quella di Pietrelcina. Come a indicare ai sacerdoti nell’ostia consacrata, e nel sacramento del perdono, i due centri del loro ministero. Il pane, e il perdono; Cristo, e la sua misericordia. Tutto ciò di cui gli uomini, anche se a volte non lo sanno, hanno bisogno.