Le carceri scoppiano. Alla vigilia del-l’estate, quando le prime vampate annunciano la tortura del caldo dietro le sbarre che chiudono la carne ammassata dei reclusi, torna l’allarme. Scoppiano di nuovo, 63mila detenuti stipati dentro 43mila posti, e le proteste serpeggiano (ogni giorno tre o quattro segnali di rabbia e dolore, tra scioperi collettivi della fame e inferriate percosse). Monta un’onda che scala i gradini della disperazione fino alla soglia della potenziale rivolta; gli agenti di custodia sono in agitazione, e l’annuale festa della polizia penitenziaria appena celebrata diventa il rendiconto di un’emergenza nazionale. Le carceri scoppiano e il fatto che l’allarme si ripeta periodicamente, quasi sempre uguale nonostante le iniziative escogitate di volta in volta a rimedio ( ricordate quanto discorrere polemico fu fatto per l’indulto di tre anni fa, e com’è più cocente ora il ritorno della marea a sommergere la spiaggia delle speranze di allora), vuol dire che il problema va affrontato in modo strutturale, e non congiunturale. Se il fabbisogno è stabilmente di 63mila, fra posti di pena e posti di custodia cautelare, devono essere 63mila, e quelli che mancano vanno allestiti. Ma non solo nel 2012 o più in là, come dice il ministro Alfano; il bisogno è di oggi, e il tempo che scorre in sofferenza si chiama soltanto ' ritardo'. Si chiama anche sventura, e si chiama soprattutto insipienza. A quei ragionatori tutti d’un pezzo che invocano con spiccia saggezza ' la certezza della pena', dico ora di leggere cos’è la pena per il diritto, e poi di essere coerenti. La Costituzione dice di trattamenti che tendono all’emenda del reo. Cioè: se una pena non produce l’emenda è una pena fallita. Se una pena produce il rinforzo di una carriera criminale appresa in carcere, è una cosa demenziale da rivedere daccapo. Se attinge l’emenda realizza la sua ' certezza della pena'. Basta dunque con le trappole delle alterne accuse fra Buonismo e Rigore. Realismo dice che la certezza della pena ( la sua riuscita, la sua utilità) è il pronostico dell’emenda, e dopo decorso il tempo dell’espiazione è il rendiconto dei traguardi raggiunti. Ora dunque, nell’emergenza estiva di una caienna annunciata noi ci chiediamo: quale traguardo speriamo di raggiungere finché la situazione di disperato disagio non muta radicalmente, quando già partono da noi ( vedi in Sicilia domani) gli esposti al Comitato Europeo per la prevenzione della tortura? Io non penso che debba mutare il sistema giuridico penitenziario. Ma le strutture sì, queste devono mutare. Il sistema giuridico penitenziario, dal 1975 in poi, è stato per noi speranza e scommessa. La scommessa l’abbiamo perduta, governo dietro governo, ma la speranza no. A rinfocolare la speranza e a rinnovare qualche scommessa realistica, le strutture devono ora corrispondervi, altrimenti la speranza sarà solo memoria di un fiore appassito. Vent’anni fa sentivo parlare di carceri prefabbricate, di una detenzione ' leggera' ( dedicata in specie ai tossicodipendenti) a metà fra pena e cura. Oggi, oltre che all’uso più assennato della custodia in carcere in prevenzione, io penso a programmi interattivi fra il mondo chiuso delle sbarre e la comunità esterna. Penso alla preferenza per le pene alternative sorvegliate e monitorate, ogni volta che è possibile, e ciò non per pietismo ma per realismo, e persino per economia di soldi. Sempre che ai soldi risparmiabili provveda un governo sapiente, e al fabbisogno umano non risparmiabile si presti anche, invece che la sola sferza, la solidarietà penitente di chi ama. La vendetta, infatti, resta la scorciatoia di tutte le sconfitte. Per vincere c’è bisogno d’amore.