Caro direttore,
grazie a Luciano Moia che ha commentato come sempre con saggezza la sentenza costituzionale sui 'due cognomi' (28 aprile 2022). Sono tuttavia perplessa – ma probabilmente sono antiquata – e vedo la versione italiana delle nuove norme e la loro applicazione come fonte di nuovi dissidi nelle nostre fragilissime coppie, dove le donne non sono più, mi pare, timide mammole che subiscono mariti maschilisti. In Spagna si fa da tempo, ma il cognome del padre è il primo dei due, e questo mi pare dia un certo 'ordine' e riconoscibilità alla 'stirpe'... Lo dico col sorriso naturalmente, in attesa delle stranezze che certo vedremo e che sono nulla se proiettate nel difficile futuro che ci attende...
Adele Pallavicino
Croce La legge sul cognome da dare ai figli è ancora da fare, gentile e cara signora Adele. E, come ha annotato giustamente Luciano Moia, bisognerà farla presto e bene. Dopo una prima pronuncia – diciamo così – di 'richiamo', che aveva lasciato al Parlamento tempo (sono passati ben 18 anni!) per regolare la materia, la nuova sentenza della Corte costituzionale rende se non inevitabile estremamente opportuno un intervento normativo che eviti le «stranezze» (e i dissidi) che lei prevede e che possono venire anche per la difficoltà che gli italiani hanno sinora avuto nel maneggiare i doppi cognomi (e lei che già li porta, ne sa certamente qualcosa). Personalmente trovo anch’io efficace il sistema spagnolo che affianca i cognomi paterno e materno e consente a ogni persona maggiorenne di decidere quale dei due trasmettere ai propri figli. I miei nipotini portano già il doppio cognome per decisione dei loro genitori. Credo che le giovani generazioni siano pronte a questa novità, e la cosa mi pare bella e... pacificante, anche nei rapporti tra donne e uomini. Secondo l’idea forte (e molto cristiana) non dell’«aut aut», ma dell’«et et».