sabato 12 dicembre 2009
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Fino all’altro giorno ci si poteva illu­dere che quella di Dio fosse davvero una questione privata. Non dei creden­ti, ma di Dio in persona. Che esista o non esista, ripete la mentalità corrente, è soltanto affar suo. Se c’è, non distur­bi. E se non disturba, in fondo, signifi­ca che non c’è. È la posizione che Robert Spaemann riassume nell’ormai celebre formula della «diceria immortale»: sarà anche un gossip infondato, questo che riguarda l’Onnipotente, ma resta il fat­to che è antico quanto l’uomo, o addi­rittura quanto il mondo. Come se non bastasse, continua a interessare, a in­terrogare. A fare il tutto esaurito, persi­no. Anche oggi, specialmente oggi. La vera sorpresa dell’evento internazio­nale che si chiude oggi a Roma, infatti, è proprio questa: si parla di 'Dio oggi', come recita il tito­lo dell’incontro, e in sala c’è il tutto esaurito. Mille e trecento persone stipate nell’Audi­torium Concilia­zione, capaci di di­sperdersi per una breve diaspora po­meridiana (alcuni appuntamenti si svolgono in con­temporanea, e an­che lì vale la rego­la del 'solo posti in piedi'), ma subito pronte a ricom­pattarsi per le tavole rotonde serali. Che si concludono quando l’ora di cena è passata da un pezzo, senza che però la platea abbia neppure accennato a svuo­tarsi. Non è la prova dell’esistenza di Dio, d’accordo, ma della persistenza di una passione sì. Se ne sono resi conto anche i relatori, tutti ugualmente sorpresi – e perfino ammirati – dall’assiduità di un pubblico nel quale numerosissimi so­no i volti giovani. Bloc-notes che spun­tano dagli zaini, fogli di appunti che pas­sano di mano in mano, testi degli inter­venti sottolineati e chiosati in tempo reale. Sul palco si susseguono accade­mici illustri e critici di vaglia, testimoni eccellenti e intellettuali abituati alla controversia. Ciascuno di loro, una vol­ta o l’altra, ha sperimentato l’impaccio di parlare davanti ai resti di un gregge di­sperso e svagato, ma questa volta sta ac­cadendo qualcosa di completamente diverso. In un certo senso, è come se non importasse che le comunicazioni intonino il linguaggio austero della spe­culazione teologico- filosofica o risco­prano le tracce di Dio nelle varie forme di espressione artistica. Importa la do­manda radicale, anzi: l’alternativa in­conciliabile che il sottotitolo dell’even­to propone. 'Con Lui o senza di Lui cam­bia tutto', semplicemente. Con buona pace per i garanti della divina privacy. Si ascolta, si sfoglia un volume appena acquistato e intanto il taccuino si riem­pie di spunti che più tardi andranno ri­presi. Non succede tanto spesso, nep­pure negli altrimenti famosi festival cul­turali, che però rappresentano – in mo­do del tutto coerente – un 'altrimenti', una differente modulazione di un mer­cato dei contenuti all’interno del quale la tematica religiosa rappresenta un sin­golo ingrediente, sia pure prelibato. Il quadro dell’evento romano si avvicina piuttosto a quello disegnato dalla ricer­ca (di cui pure qui si è discusso) che ri­vela come, in un panorama editoriale pesantemente penalizzato dalla crisi e­conomica, il libro religioso conquisti sempre nuovi lettori, producendo spes­so silenziosi e inaspettati best seller. Basterebbe questo pubblico, probabil­mente, per dimostrare che la questione Dio non è affatto 'privata', né tanto me­no può essere risolta nei termini di una comoda etichettatura confessionale. Non sarebbe male se, tra una professio­ne di laicità e l’altra, anche i nostri in­tellettuali trovassero il tempo di accor­gersene. 25/26/27
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