sabato 26 luglio 2014
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Caro direttore, la "tagliola" è una debolezza di democrazia, non è un golpe, non è l’espressione arrogante di una dittatura in atto, è semplicemente il segno di una difficoltà del mondo politico a dare una forma efficace al metodo democratico. La "tagliola" segnala una incapacità non solo di chi gestisce il potere a dialogare con le opposizioni, ma anche una incapacità delle opposizioni a passare dal puro "essere contro" al "costruire opponendosi". È in gioco il futuro della democrazia: se rimane come oggi è, una democrazia bloccata, oppure se riuscirà a trasformarsi in una "democrazia costruttiva", capace di assumere i vari punti di vista in modo creativo, partendo dal fatto che l’altro non è un nemico, ma uno con cui si può fare insieme.Gianni MereghettiAbbiategrassoDalla sua lettera, caro professor Mereghetti, si capisce, ma meglio spiegarlo: la questione a cui lei si riferisce – e che occupa ovvio spazio sulle pagine dei giornali – è quella delle riduzione forzosa dei tempi del dibattito parlamentare che verrà applicata anche al dibattito in aula sulla riforma del Senato. Piuttosto che di «tagliola» (parola più corta e quindi più facile da usare anche nei titoli dei giornali e in questi giorni anche su "Avvenire" lo abbiamo fatto) sono tra quanti preferiscono più propriamente parlare di «ghigliottina». Lo so che suona più sinistro (la ghigliottina è un aggeggio che serve anche per tagliare i sigari, ma soprattutto, storicamente, è stata utilizzata per tagliare le teste) eppure è più corretto. Tagliola evoca infatti una trappola, mentre qui siamo al cospetto di un legittimo (e ben regolato) strumento del diritto parlamentare per dare un cammino certo a provvedimenti importanti e frenati da pratiche ostruzionistiche. La sua riflessione punta, però, dritto al cuore politico del problema. L’uso della ghigliottina per tagliar corto con le lungaggini generate da un dialogo che non c’è come segnale di una difficoltà della democrazia. L’immagine è forte eppure non peregrina. Il problema però, a mio avviso, è che la «difficoltà della democrazia» (e il distacco tra palazzi e cittadini che ha provocato e sempre più accresciuto) la stiamo sperimentando da tempo, da ben prima di questo ricorso alla ghigliottina parlamentare. Le riforme allo studio – non perfette, ma rese ragionevoli dalle ultime correzioni apportate a Palazzo Madama (come il costituzionalista Marco Olivetti ha ben spiegato sulla nostra prima pagina nell’editoriale di domenica scorsa) – sono un serio tentativo di portare rimedio a quel male. A volte, davvero – e questo pare il caso – il meglio è nemico del bene. Dopo infiniti e deleteri fallimenti riformatori, grazie a un dialogo necessario e sufficiente per ottenere lo scopo, speriamo di veder finalmente nascere una riforma istituzionale che meriti di essere ratificata da noi cittadini con il referendum confermativo. Non è una piccola speranza e non deve finire prigioniera di piccoli giochi.
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