martedì 23 luglio 2013
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Concreta, amica dei fatti, compagna del tangibile, la Scienza non ama il Mistero e, di conseguenza, non se ne lascia coinvolgere. Ma fuori dal Mistero se ne stanno anche moltissimi che di scienza sanno poco o nulla e che solo si sentono attratti dai tanti casi "avvolti nel mistero" che riempiono le cronache o affollano le pagine di migliaia di gialli e noir. Qui, tuttavia, non si vuole parlare di misteri orizzontali quanto di Mistero immateriale, trascendente, verticale. Dopo aver mostrato, nel cuore della Messa, il pane e il vino consacrati, il sacerdote dice: «Mistero della fede». Sono le parole che invitano a credere nella presenza reale del Cristo. E che portano a domandare come mai alcuni credano e altri no. Se credere vuol dire ricercare l’evidenza, avere il fatto certo, non tutti riescono a convincersi Gesù sia lì, sull’altare. Ma anche molti, come sappiamo, non credono che sia il figlio di Dio di cui ci parlano i Vangeli e ci attestano il magistero, la tradizione, i martiri, i santi e l’intera storia della Chiesa (per non parlare di apparizioni, rivelazioni e visioni varie). Perché nulla basta per chi non vuol credere. Del resto, di quanto è avvenuto prima di noi si è inclini a prestare fede ad alcune cose, non ad altre. E questo non vale solo per la storia.Quattro miliardi e mezzo di anni fa si cominciò a formare il nostro Sistema solare attraverso una serie di sconvolgimenti e salti di orbite planetarie stupefacenti. Che cosa sia avvenuto di preciso e sicuro, nel corso di milioni di anni, si sa quel che si può sapere, ma non pochi scienziati ostentano verso quegli eventi cosmici grandi sicurezze e, benché le tesi a volte si contrappongano, nessuno (o quasi) parla di mistero. Giove e Saturno erano vicini, poi le loro orbite si sono divise, su Marte chissà, forse c’era addirittura la vita. Questo per il passato. Per il futuro Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, potrebbe allargare la propria orbita fino a interferire molto pericolosamente con la nostra. Eccetera. La Scienza legge il passato, la Scienza prevede il futuro, solo il giorno e l’ora le sfuggono. La Scienza dunque non solo ha una fede, enorme, in se stessa, ma è ormai così autorevole da trasferire i suoi princìpi ad altre sfere, non esclusa quella religiosa. Una delle ragioni per cui i discorsi sui Novissimi hanno, negli ultimi decenni, segnato il passo, potrebbe essere la non facile collocabilità di Paradiso, Purgatorio, Inferno. Già, dove sono? La geografia cosmica non dà notizie al riguardo. L’aldilà non è cosmologicamente documentabile. Vi si crede per fede e d’altra parte, se la fede rivelasse l’inaccertabile e non restasse misteriosa, che fede sarebbe?La perdita del senso di Mistero combacia ormai con un dominio scientifico che in sé, nella sua estensione, e nelle sue dilaganti applicazioni tecnologiche, non si era mai visto. Al suo seguito molti dei vecchi sentimenti religiosi appaiono frustrati e indeboliti. Un tempo, non secoli fa, il trascendente non era in discussione. Lo scespiriano: «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia» faceva da fondale alla conoscenza. Oggi, in un Occidente secolarizzato e in un’Europa assai scristianizzata, di trascendente si parla poco e verso il mistero c’è un’intimidente dissuasione progressiva. Sembra che, diviso fra Terra e Cielo, l’uomo abbia scelto la Terra e che questa sua scelta sia definitiva, non solo, ma liberante. Come se ci si fosse finalmente ripuliti di tante chiacchiere e si stesse con i piedi per terra, consapevoli, liberi, per così dire in pienezza terrena. Ma l’abbattimento del Mistero è pur sempre la perdita di un’altezza, di uno spazio dello Spirito. È come se da tre dimensioni si passasse a due. Al posto dell’altezza un vuoto, un’assenza e, davanti, un orizzonte confuso, un sistema sociale fortemente imperfetto, una disaffezione civile, una preoccupazione, un’ansia, un senso d’impotenza collettivo.Oggi per noi cristiani (ma non solo per noi) ci sono per fortuna le parole del Papa che scendono a scaldare la freddezza del mondo. C’è l’umiltà e la forza della sua parola a contrastare la durezza e la presunzione del verbo solo "scientifico". A quell’umiltà noi uniamo la nostra, riconoscendoci nella speranza, nell’Attesa, nella Promessa. E sentendoci ancora circondati dal Mistero, per dirla con il Pascoli, dentro «l’ombre più grandi d’un più grande mondo».
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