La ristrutturazione antisismica, occasione da non perdere La tragedia del terremoto ci mette all’inizio tutti sull’attenti. Sono momenti di dolore, di silenzio e di commozione che rompono l’armonia e l’allegria degli ultimi giorni di vacanza. Facendo scomparire definitivamente quel clima di leggerezza che le due settimane di giochi olimpici si erano sforzate di donarci nonostante non abbiano più come nell’antichità il potere di interrompere, almeno temporaneamente, i conflitti bellici. Dopo questo primo momento paralizzante cuore e mente si mettono in moto e riflettono sulla tragica vicenda per trarne qualche conclusione utile. Il terremoto del Centro-Italia ci rivela la parte migliore dei social network. Con l’arrivo della televisione McLuhan salutò l’avvento del villaggio globale. Con i social nasce la coscienza, l’anima della comunità globale. I social sono lo specchio immediato di tutte le miserie e nobiltà bene dell’animo umano. Nei periodi normali sfoghi, rabbia, odio sembrano persino prevalere su contemplazione della bellezza del mondo, voglia di costruire. Di fronte alla tragedia gli elementi positivi prendono però improvvisamente il sopravvento. E i social si rivelano molto efficienti anche per le loro caratteristiche tecniche intrinseche nel consentire nel più rapido tempo possibile di scambiare informazioni e chiamarsi a raccolta rendendo più produttiva la solidarietà. Il male della calamità, soprattutto in Italia ma non solo, scatena misteriosamente grandi esempi di generosità collettiva. È il momento dei volontari, tanto generosi quanto talvolta disordinati. Sempre più importante diventa far incontrare domanda e offerta di intervento. Sapendo che non serve eccesso di offerte di sangue nel momento temporale immediatamente successivo alla crisi e che gli aiuti in beni materiali e cibo, se non limitati ai primissimi momenti, rischiano di mettere ulteriormente in crisi l’economia locale. Ricordo a questo proposito nell’esperienza dei nostri campi di volontari un supermercato de l’Aquila per troppo tempo chiuso dopo la catastrofe, le tende piene di viveri e vestiario non utilizzati e l’appello dei locali a 'votare col portafoglio' con la propria generosità acquistando prodotti locali. La risposta della solidarietà, della gratuità e del volontariato sorprende molti ossservatori ma non dovrebbe farlo. La saggezza delle grandi religioni e le scienze sociali sono concordi nell’identificare la natura più profonda degli esseri umani nel loro essere in relazione. Se la socialità, l’apertura verso l’altro, la possibilità di dedicare e destinare ad altri lo sforzo del proprio vivere e lavorare scendono sotto livelli di guardia l’uomo si ammala e muore. Il rapporto mondiale della felicità presentato lo scorso maggio a Roma mette gratuità e qualità di relazioni tra i cinque fattori che spiegano il 75% delle differenze di felicità tra cittadini dei diversi paesi del mondo. E gli studi sulla salute dimostrano che un livello scarso di vita di relazioni e gratuità diventa fattore di rischio di mortalità per gli over 60. La via verso la gratuità non è però così semplice. I muscoli della gratuità rischiano di atrofizzarsi se non vengono esercitati giorno per giorno. Si perde il gusto di apprezzare la piccola gioia e la pienezza di essere stati utili per qualcun altro e si diventa sempre meno capaci di fare quel piccolo sforzo necessario per uscire da noi stessi. I muri dei nostri egoismi possono diventare pian piano invalicabili. Le emergenze sono shock che ci scuotono e ci invitano a fare il salto e pertanto possono miracolosamente rimetterci in moto. Per molti della nostra generazione l’esperienza di un campo di lavoro di solidarietà è stato l’evento fondante che ci ha insegnato questa verità e il segreto della pienezza di vita. Col terremoto di Amatrice, proprio come fu con lo storico terremoto di Lisbona ai tempi dell’illuminismo, diventa inevitabile il grido di dolore esistenziale dell’uomo nei confronti di Dio (ripreso nel bel dialogo di ieri della lettera del direttore e dell’intervento di Luigino Bruni). Se il male causato dall’uomo (e persino il bambino kamikaze con la maglia di Messi) trovano una loro tragica logica nella potentissima, radicale e terribile libertà dell’uomo che non sarebbe tale senza la possibilità di fare del male ai propri simili, il male delle catastrofi 'naturali' è molto più difficile da spiegare. È necessario accettare con umiltà il fatto che non siamo stati noi a scrivere le regole del gioco e che non possiamo capirle fino in fondo, anche se sentiamo viva e tangibile la presenza di un Dio buono che è a fianco a noi e condivide il nostro dolore. Dobbiamo però aggiungere a queste considerazioni il fatto che siamo anche chiamati a concreare questa imperfetta realtà terrena per migliorarla progressivamente. E l’uomo con il suo ingegno di generazioni è capace di trasformare un male un tempo 'naturale' in un male causato dall’uomo. È oggi possibile costruire abitazioni antisismiche (come in Giappone e California) in grado di ridurre di quasi il 90 percento le perdite di vite umane nel caso di terremoti. Non solo è possibile, è per noi in questo preciso momento storico un’importante opportunità. Abbiamo parlato in questi mesi dell’efficientamento energetico degli edifici come grande occasione per lanciare una rivoluzione keynesiana di investimento pubblico in grado di far ripartire il paese. E proprio in questi giorni il progetto Del Rio-Morando ha lavorato per limare alcuni problemi che ne impediscono il decollo. Il segnale che arriva con la tragedia di Amatrice è che dobbiamo cogliere quest’occasione per affiancare la ristrutturazione antisismica a quella ambientale nelle zone a rischio terremoto. La creazione è imperfetta e dobbiamo avere l’umiltà di accettare di non poterne capire fino in fondo il disegno, ma anche l’audacia di rispondere alla chiamata di essere suoi con-creatori per migliorarla.
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