martedì 25 novembre 2014
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La visita e il discorso di oggi di Papa Francesco alle istituzioni europee non potevano capitare in un momento più critico e decisivo. Una somma di debolezze sta creando una straordinaria occasione che non possiamo permetterci di non sfruttare. Il ministro delle Finanze tedesco, Schäuble, è arrivato a dire che bisogna urgentemente cambiare i Trattati Ue perché la Germania inizia a subire le conseguenze economiche degli errori della politica del rigore dell’Eurozona. Il governatore della Banca centrale europea, Draghi, ha affermato che la Bce deve combattere energicamente la deflazione e si dichiara (reiteratamente, per testare le reazioni tedesche) pronto all’acquisto di titoli pubblici per una politica di allentamento monetario (quantitative easing) simile a quella americana (con 6 anni di ritardo, purtroppo). Il presidente della Commissione europea, Juncker, indebolito dallo scandalo Luxleaks si gioca molto sul progetto, tutto da realizzare nei dettagli, dei 300 miliardi di investimenti promessi. In Italia, Regno Unito e Spagna gli euroscettici avanzano e i leader attualmente al governo cominciano a capire che è sul "cambio di marcia" dell’Europa e non sulle questioni interne che si giocano tutto il loro futuro e il futuro dei rispettivi Paesi.Imparando dagli errori del passato e mettendo assieme le tessere di questo puzzle di debolezze possiamo uscirne. L’appello che abbiamo proposto dalle colonne di questo giornale firmato da 350 economisti italiani e stranieri dalle più disparate visioni, con firmatari illustri che vanno da Romano Prodi a Jean Paul Fitoussi ha sollecitato il governo italiano a prendere urgentemente iniziativa su alcuni punti fondamentali che includono l’allentamento monetario con acquisto di titoli pubblici da parte della Bce, una robusta politica europea di investimenti pubblici, un coraggioso progetto di ristrutturazione del debito pubblico europeo e l’armonizzazione e il coordinamento delle politiche di imposizione fiscale sulle imprese perché un’area valutaria con paradisi fiscali al proprio interno non può proprio sopravvivere in un’epoca in cui le tecnologie di elusione sono sempre più sviluppate e sofisticate.Le dichiarazioni di Draghi di questi giorni alimentano speranze, ma non bastano perché la storia di questi ultimi anni post-crisi insegna che l’allentamento monetario è condizione necessaria ma non sufficiente per uscire da una crisi finanziaria che ha prodotto un crollo della domanda e una profonda recessione. Esso deve infatti individuare canali ulteriori rispetto a quelli bancari per far affluire risorse a cittadini e imprese e deve essere accompagnato da una politica di investimenti pubblici comunitaria. Il bilancio comunitario ha però risorse assai limitate e dunque una delle poche strade praticabili sembra quella dell’intervento della Banca europea degli investimenti. Una banca per prestare 300 miliardi ha bisogno di capitale pari almeno a un decimo di quella somma (30 miliardi) che si dice potrebbe arrivare dagli Stati membri scorporato dal deficit. 300 miliardi sono ancora pochi perché divisi per 23 fanno meno di 15 miliardi a testa e soltanto l’Italia ha già inviato una lista della spesa pari a 40 miliardi per finanziare infrastrutture fisiche, digitali, fatiscenti edifici scolastici e mettere in sicurezza il territorio. Ce ne vogliono almeno il doppio che la Bce può finanziare in termini di raccolta sul mercato con obbligazioni proprie e con le spalle coperte dalla Bce che deve impegnarsi ad acquistare una quota preponderante di tali obbligazioni. È questo l’approdo concreto a cui le dichiarazioni di principio citate all’inizio dovrebbero arrivare.Inoltre, aggiungiamo, per rendere socialmente e politicamente sostenibile questo difficile percorso di aggiustamento (ed evitare il moltiplicarsi di rancori e guerre tra poveri) è fondamentale rendere operativi progetti, sinora solamente in prima discussione tra i Paesi membri, come quello di un sussidio europeo di disoccupazione "attivo" che protegga la persona e non il posto di lavoro, favorendo la sua riqualificazione. Un provvedimento di questo tipo avrebbe il grande vantaggio di fornire un meccanismo automatico di stabilizzazione della domanda interna facendo affluire risorse economiche laddove sono più necessarie per rilanciare l’economia senza passare per il canale bancario.Sarebbe il caso che tutti capissero l’urgenza della situazione perché, o l’Eurozona riuscirà a realizzare almeno l’80% di questi progetti o semplicemente non sarà, aprendo il varco a un periodo di incertezza e di instabilità dalle conseguenze economiche, politiche e sociali non facilmente prevedibili. Si dice spesso che i veri cambiamenti arrivano in quei momenti in cui si è con le spalle al muro e si è dunque costretti a prendere decisioni drastiche e innovative che in periodi di relativa tranquillità non si ha l’incentivo di adottare per amore del quieto vivere. Ebbene siamo in uno di quei momenti. La sofferenza dei tanti nuovi poveri, della schiera crescente dei senza lavoro e, fatto se possibile ancora più grave, l’eclisse della speranza in un futuro migliore che sembra attanagliare anche le generazioni più giovani, chiedono urgentemente all’Europa e alle sue classi dirigenti di fare un passo avanti.
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