Pensavamo, speravamo, di esserne usciti. Ci avevano illusi, probabilmente, i mesi felpati della "strana maggioranza" a tre punte che ha sostenuto il governo tecnico guidato da Mario Monti. Si era tornati a fare scelte (tutte indifferibili, molte condivisibili, alcune imperfette, altre sbagliate e da rivedere) relative ai problemi reali del Paese: lavoro, pensioni, perfino misure per arginare un tasso di corruzione tra i più elevati nel mondo cosiddetto avanzato. Il passo "di lato" di Silvio Berlusconi, che aveva lasciato Palazzo Chigi mentre la speculazione più feroce azzannava il Paese, fu senza dubbio un gesto di responsabilità. Un gesto interpretato da tutti, allora, come il termine di una parabola politica segnata da alti e bassi.Da quel momento in poi – si era pensato – i processi penali che vedono imputato il fondatore di Forza Italia e del Pdl avrebbero interessato soltanto lui, quale privato cittadino, e non più la politica, l’attività parlamentare e finanche quella istituzionale. Per dirla brutalmente, l’avremmo fatta finita con leggi e vicende <+corsivo>ad personam<+tondo>, ma anche con quelle
contra personam. E con le sedute di giunte, commissioni e Aule dedicate, più o meno esplicitamente, alla soluzione per via politica dei problemi giudiziari del Cavaliere o di persone a lui vicine. Con esiti che sono arrivati a ledere la credibilità e l’onorabilità del Parlamento. Uno su tutti: il voto a favore della circostanza che la signorina Karima Rashida el-Mahroug, detta Ruby, potesse in qualche modo essere ritenuta una nipote del presidente egiziano Mubarak. Anche nel Pdl si respirava l’inizio di una nuova stagione, tanto che già ci si accingeva a organizzare le primarie per la candidatura alla Presidenza del Consiglio, poi bruscamente annullate. Calendario delle udienze processuali in una mano e sondaggi elettorali nell’altra, il Cavaliere ha infatti deciso di saltare di nuovo in sella, di riappropriarsi della creatura politica che aveva fondato in piazza sul predellino di una Mercedes, così che tutto sarebbe tornato come prima.In realtà tutto è cambiato. Lo schema bipolare (forzoso e illusorio, perché anche quello basato per lo più sulla dicotomia berlusconiani/anti-berlusconiani) è stato frantumato dallo tsunami di protesta rappresentato da Beppe Grillo e da una nuova, seppur quarta per rilevanza, proposta politica centrista. Si dirà: certi magistrati ci hanno messo del loro, dando l’impressione di cercare quasi ossessivamente una soluzione per via giudiziaria al "problema politico" Berlusconi. Come negarlo? Tuttavia, quello che è successo nei giorni scorsi, tra ricoveri in ospedale e visite fiscali, e soprattutto ieri, con la protesta dei parlamentari del Pdl che è entrata fin dentro il tribunale di Milano, è l’ennesima riprova che il livello di guardia è stato superato. Il conflitto quasi ventennale ha assunto ormai una sua plasticità, con una porzione del potere legislativo e una porzione dell’ordine giudiziario a calcare fisicamente l’una il terreno dell’altra.Ma i tempi, si diceva, sono cambiati e bisognerà rendersene conto in fretta. Allo stato, il quadro politico è caotico e l’orizzonte temporale è breve. Anzi brevissimo, se davvero veti incrociati, strategia dello sfascio e cura del proprio "particulare", convinceranno i signori dei mercati che il nostro Paese si è avvitato in una crisi politica senza soluzione. Di questo passo, sarà presto troppo tardi per frenare l’impennata del prezzo dell’instabilità. È ora che tutti, insomma, politici e magistrati ciascuno per la propria parte, prendano decisioni e adottino stili che consentano di uscire da questo vicolo buio in modo sensato e, per quanto possibile, "governante". In Parlamento e nelle aule di giustizia, che sono di nuovo una "prosecuzione" niente affatto ideale dell’agone politico, non ci si può più permettere di giocare a nascondino dietro una cortina di gesti e slogan da campagna elettorale. Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, a giovarsene sono solo coloro che, in Italia e fuori dall’Italia, scommettono sul collasso.