Non vi sono dubbi sulla necessità di un intervento economico che metta in sicurezza i conti pubblici di fronte alle tentazioni speculative sull’Europa e sul debito pubblico italiano: il maggior costo in più per il collocamento dei titoli di Stato italiano rispetto a quelli tedeschi è l’imposta principale pagata con questa manovra. Il rischio di una nuova crisi finanziaria ci ricorda come gli standard globali per la finanza, su cui si è dibattuto nell’anno passato, rimangano ancora colpevolmente nel cassetto. L’esperienza degli ultimi vent’anni con un debito pubblico elevato è quella di un succedersi di manovre di emergenza, alle quali è sempre seguita una decelerazione della crescita economica, al punto che la bassa crescita è diventata uno dei dati costanti della nostra economia. L’emergenza, però, è spesso anche l’occasione per interventi strutturali, difficili in tempi normali ma che diventano possibili in momenti di crisi, quando l’incalzare degli eventi consente di abbattere il muro degli interessi particolari, altrimenti invalicabile.È questo il caso dell’evasione fiscale, un problema particolarmente acuto in Italia, che nei giorni passati sembrava essere al centro della manovra, ma che poi è parso evaporare nell’elenco dei provvedimenti. Ma vi è soprattutto una categoria di provvedimenti per i quali il momento economico non è mai giudicato opportuno – da almeno vent’anni – anche se rappresentano il cuore pulsante di una genuina ripresa economica e sociale: si tratta della questione della famiglia e dei figli, di cui non vi è traccia nella manovra. Il rischio associato a un elevato debito pubblico, per il quale è sempre invocata la nostra responsabilità rispetto al futuro dei nostri figli, potrebbe paradossalmente ridimensionarsi perché di nuovi nati ve ne sono sempre meno.L’economia italiana – con un analogo paradosso – sembra sfidare i pochi giovani in circolazione, i quali anziché essere più ricercati, perché pochi, faticano invece a trovar lavoro e a costituire una nuova famiglia, e potrebbero perciò essere seriamente tentati di andarsene in numero sempre maggiore all’estero. Magari in Francia dove famiglia e figli sono trattati molto meglio di quanto avvenga in Italia. O magari a Berlino dove possono affittare o acquistare una casa alla metà dei prezzi italiani. Abbiamo perciò bisogno, come in Francia e in Germania, non solo di una politica di risanamento della finanza pubblica, ma anche e contemporaneamente di un risanamento dei bilanci familiari, anche come premessa per una ripresa del mondo delle piccole e medie imprese che in gran parte si sostiene sulla domanda interna. Il declino demografico italiano è tanto più preoccupante perché neanche i flussi migratori, ormai necessari, sono sufficienti per rispondere ai problemi sociali ed economici di una società sempre più anziana, nella quale un numero crescente di donne sole ha bisogno di nipoti e non solo di pensioni.I figli sono la molla potente che spinge a guardare al futuro lontano, a lavorare e a impegnarsi per cercare di offrire loro un futuro migliore, così com’è avvenuto negli anni del miracolo economico. Così come avviene oggi nei Paesi che stanno uscendo più rapidamente e con maggior vitalità dalla crisi e che, non casualmente, sono nazioni "giovani" come gli Stati Uniti, la Cina, l’India o il Brasile, mentre Francia e Germania si preoccupano non solo del debito pubblico ma anche della ripresa.Se vogliamo davvero guardare al futuro è sufficiente preoccuparsi delle enormi difficoltà economiche dell’avere figli in Italia: è solo per loro che si possono chiedere sacrifici al Paese.