Un terzo della produzione mondiale di cibo viene sprecato: 1,3 miliardi di tonnellate, quattro volte la quantità necessaria a nutrire 795 milioni di persone che soffrono la fame. A fare i conti con la mancanza di cibo non sono soltanto coloro che vivono nei Paesi poveri, ma anche tanti che abitano le nazioni sviluppate, dove secondo la Fao il 5% della popolazione si misura con la denutrizione. Sono cifre che fanno gridare allo scandalo, come quelle che raccontano gli sprechi prodotti in Italia lungo la filiera agroalimentare, a partire dai campi e fino alla tavola dei consumatori: 5,1 milioni di tonnellate di cibo, per un valore stimato di 12,6 miliardi di euro all’anno. Un’ingiustizia, anzi, «mi permetto di più, un peccato», ha scandito il Papa ricevendo ieri in udienza i protagonisti della rete di carità che ruota attorno al Banco Alimentare: volontari, persone assistite, imprenditori che donano le eccedenze.Francesco ha denunciato il male e insieme ha sottolineato il bene che ne può nascere quando qualcuno riconosce un bisogno e si mette in azione. Come ha fatto Gesù, che di fronte alle folle venute ad ascoltarlo e che avevano fame non ha ignorato "il problema" che aveva di fronte e non se l’è cavata esibendosi in un discorso sulla povertà, ma ha compiuto un gesto che ha lasciato stupiti tutti, moltiplicando i pani e i pesci che i discepoli avevano a disposizione.E noi, oggi, alle prese con milioni di affamati, cosa possiamo fare? Non ci è concesso di ripetere miracoli come quello raccontato nel Vangelo, ma se accettiamo di abbattere i muri dell’indifferenza e dell’assuefazione possiamo lasciarci interrogare dalla sofferenza – che spesso è non lontana da noi – e metterci in azione, a partire dall’irriducibile desiderio di bene e di costruttività che abita nel cuore di ogni uomo. Così ha fatto 26 anni fa Danilo Fossati, imprenditore e fondatore del Banco Alimentare, che ha messo a disposizione la sua competenza per trasformare lo scandalo dello spreco in una possibilità di recupero del cibo "avanzato" e di ripartenza umana per chi fa i conti con la fame, incoraggiato in questo dall’amicizia feconda con don Luigi Giussani che aveva colto e valorizzato l’impeto di carità da cui quell’uomo era animato. Oggi in Italia un milione e mezzo di persone mangiano ogni giorno grazie agli aiuti che arrivano da questa grande "catena del bene" in grado di recuperare 75mila tonnellate di cibo distribuite da 8mila enti caritativi. Numeri ragguardevoli, anche se possono risultare una goccia nell’oceano di bisogno. Ma i poveri non sono riducibili a numeri, ha ammonito anche ieri Francesco: sono la carne di Cristo, uomini e donne a cui stringere la mano, da guardare negli occhi, da incontrare in tutto il loro bisogno che non è mai soltanto domanda di cibo ma porta con sé la domanda di qualcosa capace di reggere tutta la fatica del vivere. Perciò l’aiuto offerto a un povero è l’occasione per educarsi alla carità, cioè per riscoprire che in fondo siamo tutti bisognosi, come testimoniano le migliaia di volontari che riconoscono un "guadagno" per sé nel gesto che compiono a favore degli altri.Mancano poche settimane all’inizio del Giubileo della misericordia, la grande occasione che il Papa consegna al mondo per riconoscere che ciascuno può essere raggiunto da un abbraccio più largo di ogni misura umana. Un abbraccio che può rivelarsi nella risposta alla più elementare delle esigenze, come ci ricorda quella che – non a caso – la Chiesa indica come la prima opera di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati.