Il ritorno dello scudo. Come il sequel di un film di successo, il condono fiscale per i capitali nascosti all’estero, dopo le ' fortunate' edizioni del 2001 e del 2002, conoscerà un terzo episodio quest’anno. Il provvedimento ha ottenuto il via libera con il voto di fiducia alla Camera sul decreto anticrisi, e sarà fruibile subito terminate le vacanze estive: da settembre e fino ad aprile chi ha esportato illegalmente attività finanziarie o patrimoniali in un ' paradiso' all’estero potrà avviare le pratiche per il rimpatrio e far pace con lo Stato pagando non più del 5% del capitale occultato. Sin dai primi passi, come prevedibile, lo scudo- 3 ha sollevato critiche e alimentato polemiche. Tra le accuse mosse al governo, quella di aver concepito l’ennesimo condono a favore di chi si sottrae ai doveri fiscali, di concedere il perdono tributario infliggendo agli evasori una penitenza tutto sommato lieve, ma soprattutto di contribuire ad alimentare il sospetto che in Italia – per dirla con il linguaggio dei blog – chi fa il furbo, alla fine, la fa sempre franca. Nella realtà la ragione e lo scopo dello scudo meritano un’argomentazione più completa e articolata. La norma, come ha più volte rimarcato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nasce alla luce degli impegni assunti il 2 aprile scorso al vertice del G20 di Londra nel quadro della lotta ai paradisi fiscali. Una battaglia, e questo va riconosciuto a Tremonti, che ha l’Italia tra i promotori e sostenitori più convinti, anche nel segno di una ridefinizione etica dei percorsi delle attività finanziarie. Provvedimenti analoghi sono in elaborazione anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La terza edizione dello scudo ha poi una indiscutibile utilità economica. Ipotizzando, come viene fatto informalmente, il rientro in patria di una somma tra i 50 e i 100 miliardi di euro, sui 550 miliardi che si stimano nascosti, l’erario incasserebbe tra i 2,5 e i 5 miliardi di euro. Che in tempi di crisi sono oro colato per le sofferenti casse pubbliche, considerate le difficoltà nel reperire risorse per la ricostruzione dell’Abruzzo o il finanziamento degli interventi di politica sociale. Se il fine può – in una certa misura – giustificare il mezzo, i contorni di un provvedimento ne definiscono la sua cifra di equità. La ' sanzione' prevista dallo scudo- 3 può arrivare se va bene al 5% delle somme rimpatriate: è il doppio del 2,5% delle precedenti edizioni, ma pur sempre una cauzione leggera per gli habitué del turismo dei capitali. Negli altri Paesi interessati a favorire l’emersione spontanea di capitali – lo ha rimarcato il governatore di Bankitalia, Mario Draghi – chi riporta in patria la ricchezza nascosta è chiamato a pagare tutto il dovuto con gli interessi, senza la copertura dell’anonimato garantita in Italia, mentre il ' premio' non consiste nella protezione del tesoro quanto nel risparmio della sanzione penale. Lo scudo made in Italy , nella sua lievità rispettosa, rischia di promuovere la sensazione di una legalità fluida, quasi un’ammissione di debolezza dello Stato verso chi si fa beffe della sua macchina fiscale. Una diluizione del rispetto dovuta anche alla ripetitività dei provvedimenti di condono. Per tali ragioni, la condizione necessaria al ritorno dello scudo impone che sia il preludio a una nuova stagione di certezza e di severità fiscale. Soprattutto che sia l’ultimo, l’atto finale della trilogia, non l’ennesima puntata di una fiction.