mercoledì 11 dicembre 2013
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Con i fatti è difficile litigare. E viene sem­pre il tempo in cui occorre prendere at­to di ciò che accade, rifletterci su e provare a mutare atteggiamento. Forse questo fati­dico momento è arrivato ieri anche per la Cgil, con un doppio bagno di realtà. Il primo è arrivato dai lavoratori della In­desit.
Dopo mesi di lotte e di trattative in­fruttuose, la settimana scorsa era stato rag­giunto un accordo che scongiurava i licen­ziamenti. Fim-Cisl e Uilm-Uil avevano fir­mato convinte, assieme ad azienda e go­verno. La Fiom no, come accade da tempo. Ieri il referendum tra i lavoratori ha dato un risultato netto: 80% di sì all’intesa. E alla Fiom non è rimasto che far buon viso a cat­tivo gioco e firmare «mantenendo il giudi­zio critico».
L’isolamento e i «no» pregiudi­ziali evidentemente non pagano e i lavora­tori non vi si riconoscono. Meglio sarebbe prendere atto anche dei risultati di analo­ghi referendum tenutisi negli stabilimenti Fiat. E magari firmare il contratto del grup­po automobilistico, provando a voltar pa­gina. Il secondo bagno di realtà è arrivato dalla stessa leader della Cgil Susanna Camusso, con l’ammissione che «lo sciopero genera­le non è più sufficiente come unica moda­lità di 'conflitto' per rappresentare tutto il variegato mondo del lavoro... bisogna fare i conti con le difficoltà economiche dei la­voratori, con le tante differenze tra chi è oc­cupato, chi è in cassa integrazione e chi è disoccupato». «In una stagione in cui la C­gil di scioperi generali ne ha fatti anche mol­ti, bisogna interrogarsi sulla possibilità di a­vere (altre) forme (di protesta) altrettanto efficaci e non esclusive».
Evidentemente la partecipazione non esaltante alle ultime manifestazioni e gli scarsi risultati ottenu­ti hanno indotto alla riflessione. Ma c’è da pensare che al cambio di passo non siano estranei anche i risultati delle primarie del Pd, in cui hanno stravinto i renziani, piut­tosto critici verso la Cgil, e ha 'straperso' il candidato sostenuto anche da una parte della confederazione. E con i 'lavoratori­elettori', come con i fatti, non si litiga.
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