Dopo mesi di lotte e di trattative infruttuose, la settimana scorsa era stato raggiunto un accordo che scongiurava i licenziamenti. Fim-Cisl e Uilm-Uil avevano firmato convinte, assieme ad azienda e governo. La Fiom no, come accade da tempo. Ieri il referendum tra i lavoratori ha dato un risultato netto: 80% di sì all’intesa. E alla Fiom non è rimasto che far buon viso a cattivo gioco e firmare «mantenendo il giudizio critico».
L’isolamento e i «no» pregiudiziali evidentemente non pagano e i lavoratori non vi si riconoscono. Meglio sarebbe prendere atto anche dei risultati di analoghi referendum tenutisi negli stabilimenti Fiat. E magari firmare il contratto del gruppo automobilistico, provando a voltar pagina. Il secondo bagno di realtà è arrivato dalla stessa leader della Cgil Susanna Camusso, con l’ammissione che «lo sciopero generale non è più sufficiente come unica modalità di 'conflitto' per rappresentare tutto il variegato mondo del lavoro... bisogna fare i conti con le difficoltà economiche dei lavoratori, con le tante differenze tra chi è occupato, chi è in cassa integrazione e chi è disoccupato». «In una stagione in cui la Cgil di scioperi generali ne ha fatti anche molti, bisogna interrogarsi sulla possibilità di avere (altre) forme (di protesta) altrettanto efficaci e non esclusive».
Evidentemente la partecipazione non esaltante alle ultime manifestazioni e gli scarsi risultati ottenuti hanno indotto alla riflessione. Ma c’è da pensare che al cambio di passo non siano estranei anche i risultati delle primarie del Pd, in cui hanno stravinto i renziani, piuttosto critici verso la Cgil, e ha 'straperso' il candidato sostenuto anche da una parte della confederazione. E con i 'lavoratorielettori', come con i fatti, non si litiga.