«Carpi diem», avevamo titolato tempo fa. E il piccolo grande Carpi l’attimo fuggente l’ha colto al volo. La storica promozione in Serie A del club modenese, non è soltanto l’ennesimo “miracolo” sportivo delle
piccole e belle (Chievo Verona e Sassuolo nella massima serie, Cittadella e Virtus Entella in B), ma il trionfo del «calcio all’italiana». Non nell’accezione – peraltro superata – di modulo di gioco («all’italiana»: uguale difensivo), ma di stile gestionale di una società di calcio. Mentre le grandi per resistere e stare al passo – dicono – con lo showbiz globale, si votano a proprietà americane (Roma), indonesiane (Inter) e cinesi (il Milan che verrà), a Carpi, come a Sassuolo e al Chievo, vige il modello vincente dell’azienda locale e familiare. Quella microimpresa dell’infinita provincia italica che ha reso grande nel tempo, e il più ricercato sul mercato mondiale, il nostro artigianato, a Carpi sono riusciti a trasferirla anche nello stranierificio dilagante del pallone. I due patron, Stefano Bonacini e Roberto Marani, hanno realizzato un capolavoro in campo con la stessa cura con cui confezionano i loro prodotti di maglieria. Il presidente della Lazio Clautio Lotito ha temuto questo giorno: per lui il Carpi (come il Frosinone che è 2° e ad un passo dall’apoteosi) ha scarso appeal nel gran bazar dei diritti tv che incidono per oltre il 60% nel perverso sistema Serie A, quasi il doppio rispetto all’Inghilterra, la Spagna e la Germania.Eppure Lotito, massimo ideologo del «non è vero che vince chi più spende», dovrebbe inchinarsi davanti alla neopromossa che, per entrare nel calcio che conta, quest’anno ha investito “appena” 2 milioni e 800mila euro, un milione e mezzo in meno della stagione precedente. I suoi calciatori degni della migliore tradizione gastronomica emiliana (i “soliti ignoti” scovati dal ds Cristiano Giuntoli) Pasciuti, Porcari e Lasagna, sono tra i meno pagati e quelli con il più alto rendimento. Economica anche la guida tecnica affidata a quell’artigiano delle promozioni (la nona in carriera) che risponde al nome di Fabrizio Castori che, a 61 anni – li compirà a luglio – sarà il più anziano debuttante su una panchina di Serie A. Castori è di San Severino Marche, ex terremotato, come questo lembo d’Emilia ferita dal sisma del 2012, in cui il Carpi ha portato una scossa di normalità, forse rivoluzionaria.