mercoledì 28 gennaio 2009
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II governo ha annunciato la costruzione di nuove carceri, per superare il « sovraffollamento » che si è nuovamente determinato dopo la temporanea riduzione del numero di detenuti, avuta a seguito dell’applicazione dell’indulto. È stato anche nominato un commissario, con i poteri straordinari necessari per superare le abituali difficoltà che ritardano la realizzazione di opere pubbliche. L’iniziativa, da tempo nell’agenda dei governi che si sono succeduti, è da apprezzare, se si passa dal programma al progetto e da questo all’effettiva attuazione. Tuttavia, questa intenzione avrà successo se, oltre gli effetti positivi che possono derivare da un utile investimento in infrastrutture pubbliche necessarie, saranno disponibili non solo nuovi edifici carcerari, ma istituti penitenziari progettati e gestiti in modo nuovo. Dal punto di vista organizzativo ed economico si presenta la opportunità di avere istituti che consentano una riduzione degli elevati costi di gestione e una maggiore funzionalità. Un’attenta analisi consentirebbe di individuare la organizzazione e le dimensioni ottimali di ciascun istituto, per rendere migliore la utilizzazione e massima l’efficienza del personale impiegato e dei servizi resi. L’adozione di criteri di progettazione strettamente collegati con il modello organizzativo, e l’adozione di moderne tecnologie di sicurezza e sorveglianza, consentirebbero di assicurare un’efficace custodia, riducendo l’impiego o l’impegno di personale e predeterminando le competenze necessarie. Ma gli accorgimenti di questo tipo, ed anche la maggiore efficienza che si può ottenere, sarebbero infruttuosi se non fosse meglio e più efficacemente perseguita la finalità essenziale della pena, che non solo è di afflizione per il reato commesso, ma deve anche e soprattutto tendere, come impone la Costituzione ( articolo 27), alla rieducazione del condannato, nella prospettiva del possibile reinserimento nella società. Anzitutto è essenziale che gli istituti nei quali la persona, non ancora condannata, è trattenuta in custodia cautelare, siano del tutto separati da quelli nei quali si esegue un pena, e siano diversamente gestiti, per escludere che le esigenze cautelari, legate ad un processo in corso, si trasformino in un’anticipazione della pena ed in una forzata commistione con chi ha commesso delitti accertati. Gli istituti di pena, poi, non possono limitarsi ad essere il contenitore per quanti, con la condanna, sono pur giustamente colpiti in uno dei beni essenziali dell’individuo, la libertà personale. È amputata una funzione essenziale della pena, se mancano un contesto di vita dignitoso ed altrettanto importanti attività educative, di recupero e di formazione, le quali richiedono idonee strutture, organizzazione e impegno di chi quotidianamente si spende in un lavoro generoso e spesso socialmente poco appagante. In questa ottica, l’obiettivo non può essere solo quello di fronteggiare il sovraffollamento delle carceri, ma anche quello della loro qualità, della rispondenza alla loro complessiva funzione. Il progetto del governo avrà successo, dal punto di vista sociale e costituzionale, se non si limiterà a fronteggiare il sovraffollamento, ma perseguirà obiettivi più difficili ed ambiziosi.
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