Un «segnale». Un vero e proprio «messaggio» inviato a coloro che guardano solo all’Europa dei potenti. Il viaggio-lampo che il Papa ha compiuto domenica scorsa in Albania è stato, per sua stessa ammissione, anche questo. E infatti, rispondendo alle domande dei giornalisti, nella breve conferenza stampa sul volo di ritorno da Tirana, Francesco ha aggiunto un risvolto nuovo – e non certo marginale – agli altri due profili della visita (l’esempio di pacifica convivenza tra persone appartenenti a diversi credo e l’omaggio a una Chiesa del martirio), da lui stesso anticipati in sede di presentazione e confermati con le parole e con i gesti, a partire dalla nuova condanna senza appelli della «violenza sacrilega» in nome di Dio.
Segnale all’Europa, in effetti, questo viaggio lo è in più accezioni. La prima delle quali è senz’altro geopolitica. L’Albania è stata la prima nazione del Vecchio Continente visitata dal Pontefice argentino. Egli dunque ha scelto come punto di partenza non la capitale di uno degli Stati egemoni che decidono le sorti dell’Unione e neanche i palazzi del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa (dove si recherà il prossimo 25 novembre), ma uno Stato che non fa parte della Ue e che viene considerato –e oggettivamente è – economicamente e politicamente marginale. Tirana, in pratica, chiama Strasburgo, cioè il centro delle istituzioni europee, dove tra due mesi – con molta probabilità – Francesco porterà le istanze non più procrastinabili di quelle «periferie» che gli sono così care.
Ma il segnale risuona anche sul piano della grande questione demografica. Specie dopo che a causa della denatalità – come il Papa notava sabato scorso parlando ai nuovi vescovi delle nazioni emergenti – tutta l’Eurozona rischia di diventare a sua volta «periferia». «Madre Europa che si trasforma in Nonna Europa». Domenica lo stesso Francesco ha confidato a chi lo accompagnava per le strade di Tirana di essere rimasto favorevolmente impressionato dai tanti volti di ragazzi e ragazze che vedeva ai lati della papamobile. L’Albania, Paese giovane in un continente che invecchia, e perciò anche sotto questo profilo un esempio da indicare a chi si è infilato nel tunnel dell’inverno demografico per aver ceduto al canto di sirena di antropologie contrarie alla verità sull’uomo.
Dunque il terzo segnale inviato dal Papa all’Europa è di carattere valoriale. In un Paese martoriato per quasi 50 anni dalla tragica illusione del comunismo ateo, Francesco ha messo in guardia dalle «nuove forme di dittatura che rischiano di tenere schiave persone e comunità». «Sappiate dire no all’idolatria del denaro, no alla falsa libertà individualista, no alle dipendenze e alla violenza», ha detto a quei giovani che lo hanno accolto con grande entusiasmo nella capitale albanese. «Il bene paga infinitamente di più del denaro, che invece delude», ha aggiunto. Il rischio, infatti, per le nuove democrazie dei Paesi dell’Est ex comunista, è quello di passare dall’ateismo ideologico, imposto dallo Stato, a quello pratico inconsapevolmente scelto sulla base di un individualismo libertario, che – come ricordava ieri il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco – tende a sostituire le persone concrete con «poteri anonimi, burocrazie impersonali, meccanismi artificiali, logiche di produzione e di profitto». Non è un caso che Francesco abbia sottolineato domenica come «insieme ai diritti individuali vanno tutelati quelli delle realtà intermedie come la famiglia» e che abbia richiamato il continente a globalizzare non solo l’economia ma anche la solidarietà.
In sostanza attraverso i tre diversi segnali inviati all’Europa con la sua visita in Albania il Papa ha voluto indicare alla vecchia Europa anche e soprattutto un cambiamento di prospettiva e, con esso, la strada per ringiovanire. Demograficamente, culturalmente e spiritualmente. Perché un’Europa ridotta a «periferia» dell’umano sarebbe una perdita secca non solo per gli europei, ma per il mondo intero.