Una fase di crisi come quella che stiamo vivendo può e deve spingerci ad aprire una riflessione sul reale valore delle cose e sul loro prezzo, oltre che sul significato di termini come mercato e responsabilità. Quanto “vale” realmente un bene, mobile o immobile che sia? Quanto vale un’azienda? Qual è il giusto prezzo di un oggetto o di un servizio?La risposta a queste domande dovrebbe essere scontata: il valore dipende dall’importanza che ciascuno di noi attribuisce a quel bene, il prezzo lo stabilisce il mercato. Purtroppo le cose, nella vita reale, non funzionano in modo così lineare. Proviamo a spiegarci meglio con alcuni esempi. Una interessante e ben documentata analisi presentata in questi giorni ha dimostrato come in Piazza Affari ci siano aziende il cui prezzo di mercato è addirittura inferiore a quello del patrimonio immobiliare che in varie forme possiedono, banche che quotano addirittura meno del patrimonio artistico che impreziosisce i loro corridoi.Questi casi dimostrano bene la “follia” economica del momento, la dimensione di incertezza che domina i mercati, il mix di panico e speculazione che opprime la logica e il buon senso. Tuttavia non riusciremmo a capire a fondo la fase che stiamo attraversando se allo stesso tempo non ci chiedessimo qual è il reale valore di “quei” patrimoni, intendendo la loro capacità di avere, oggi, non solo estimatori ma anche potenziali acquirenti.Poniamo il caso – teorico – di una impresa creditizia che abbia investito in nuove costruzioni una somma consistente delle proprie attività, iscrivendo a bilancio quegli edifici come se valessero oltre 10mila euro al metro quadrato. Bene, ecco il punto: su quale base sono stati valutati quei 10mila euro? Esistono realmente centinaia e centinaia di famiglie in grado di comprare tutte quelle case spendendo un milione di euro per tre locali? Se ci fossero – e il Fisco ne dovrebbe gioire – il prezzo sarebbe corretto e gli appartamenti andrebbero a ruba. È così?Questo discorso può essere esteso, ovviamente, ad altri beni e altri mercati. La realtà ci dice che in questi anni i prezzi delle case sono stati gonfiati da mutui concessi troppo facilmente e da tassi di interesse che oggi scopriamo essere non sostenibili dalla realtà monetaria europea. Da investimenti di grosse somme frutto soprattutto di evasione fiscale (o rientrate con lo «scudo» 2010). E anche da banche che hanno finanziato costruttori confidando nella capacità del mercato di espandersi all’infinito, spesso ricomprando parte di quegli immobili per salvare l’investimento e l’immobiliarista, ma così spingendo i valori a lievitare oltre ragione.L’esplosione della crisi e le necessità fiscali degli Stati stanno trasformando radicalmente il modello economico che negli ultimi anni ha permesso a buona parte di cittadini di vivere al di sopra delle proprie reali possibilità. I valori di Borsa di questi giorni stanno pagando il prezzo dell’irrazionalità e dell’incertezza, oltre che della tradizionale volatilità agostana, ma può anche darsi che il mercato, tra un eccesso speculativo e l’altro, abbia preso atto che in trasformazione sono pure i criteri con i quali fino a oggi è stato attribuito un valore, e un prezzo, alle cose. Se fosse davvero così, sarebbe un sano esercizio di responsabilità.