Nel settecentesco capolavoro di Giovan Battista Vico,
La scienza nuova è contenuto un illuminante passo in ordine alle origini e agli sviluppi della civiltà, che per Vico è un 'processo' lento e faticoso, continuamente rimesso in discussione dalle ricorrenti intrusioni di vecchie e nuove barbarie. Fra gli elementi fondativi di una civiltà, per il filosofo napoletano vi è il principio che 'si facciano
certi figliuoli con
certe donne'.
E, qui, 'certi' non sta a indicare un generico riferimento agli uni o agli altri, ma la certezza, tanto delle madri quanto dei figli, attraverso l’istituto del matrimonio che – per il filosofo napoletano, come, del resto, per la più attenta antropologia – rappresenta un momento fondamentale per il passaggio dalla barbarie alla civiltà.
Mette conto di riflettere su questa vichiana considerazione dell’importanza della «certezza»: perché essa, in una prospettiva di insieme, è una sorta di rassicurazione sul futuro che nasce dalla riflessione sul passato. Vi è, in un certo senso, la storia – la continuità ideale di un determinato gruppo umano – quando è possibile ricostruire la genealogia: genealogia che implica dunque la «certezza» del passato quale garanzia del futuro: la possibilità di conoscere da dove si viene per comprendere dove si andrà.
Rileggendo questa densa pagina vichiana, viene alla mente un aspetto alquanto trascurato del dibattito attuale sulla
fecondazione eterologa: la quale, per sua stessa natura, è
negazione della certezza; né le madri né i figli sono «certi», e cioè conosciuti, identificabili, ricostruibili nel loro passato e nella loro «genealogia». Coloro che nascono per questa via – seppure accolti e amati – sono individui senza passato, il cui passato è occultato e mascherato o anche manipolato attraverso la negazione di questa ineliminabile distanza del figlio rispetto ai suoi (apparenti) genitori. Non vi è più un’autentica genealogia, ma solo una pia menzogna.
Giuristi, bioeticisti, moralisti dibattono accanitamente fra loro sull’ammissibilità della fecondazione eterologa – da alcune legislazioni ammessa, da altre come in Italia vietata – con il ricorso ad argomentazioni, pur apprezzabili, che fanno riferimento soprattutto alla prevenzione e alla cura di malattie genetiche: questo solo 'passato' sembra interessare, in relazione alla salvaguardia del figlio della provetta. Ma Giovan Battista Vico, dal lontano Settecento, che pure è stato la culla dell’Illuminismo al quale anche il filosofo napoletano appartiene, ci ricorda che la crisi della «certezza» – «certi figliuoli» e «certe donne» – mina le fondamenta stesse della civiltà, perché è proprio dalla ricerca di questa certezza che è nato quel «diritto» che nella sua essenza può essere definito come un’istanza di certezza, come una sorta di
deposito di certezza
al quale una società potrebbe e dovrebbe attingere a piene mani. Quale sarà il futuro della civiltà se la «certezza» sarà incrinata, o addirittura manomessa, alle sorgenti stesse della vita?