La pioggia battente di emozioni, parole, immagini, abbracci, sorrisi e lacrime che è caduta copiosa sulle giornate di Papa Francesco in Brasile ci metterà del tempo a depositarsi come un ricordo caro nel fondo della memoria dei milioni di persone che vi hanno preso parte dal vivo e dell’immenso popolo che in tutto il mondo le ha seguite grazie ai media. Ma già ora il mosaico composto dalle mille tessere delle 'Giornate di Rio' più che a una foto ricordo assomiglia a una r
oad map.È come il punto di ripartenza di una bella strada che si srotola all’orizzonte, su cui camminare. Perché queste non sono state 'solo' le giornate dei giovani, ma l’
epifania, il disegno di tutta la Chiesa di Francesco. Questo è stato il 'sentire' del Papa fin dall’inizio, fin dal primo voluto gesto di 'ritorno' ad Aparecida, cuore della Chiesa. Un sentire sottolineato da due incontri ecclesiali conclusivi e 'paradigmatici'. La strada che Papa Francesco ha indicato nelle giornate 'speciali' del Brasile (ma lo stesso fa a Roma, nella trama dei giorni ordinari scandita dalle Messe quotidiane a Santa Marta) è quella dell’avventura cristiana vissuta e riproposta nei suoi termini elementari.Lo spettacolo che ha commosso tutti, e incuriosisce il mondo, è quello sempre nuovo del Vangelo vissuto
sine glossa. Quello dello stupore dirompente e dell’allegria contagiosa che scattano quando si sperimenta che Gesù ci vuole bene e la sua misericordia abbraccia ogni peccatore. Questo ha mostrato Francesco. E ha ripetuto a tutti che sulla strada bella del Vangelo non s’inizia a camminare e nemmeno si va avanti per sforzo o per applicazione propria.Il primo passo e ogni passo successivo lo si compie per attrattiva. Tutto può iniziare solo da lì. Perché «Cristo stesso ti attira e ti porta in braccio col suo perdono». «La via di Dio è l’incanto, il fascino», ha detto sabato nel suo incontro con i vescovi brasiliani, aggiungendo che anche «la missione nasce proprio da questo fascino divino, da questo stupore dell’incontro».A una simile avventura sono chiamati tutti, e tutti possono venire. Tutti gli uomini così come sono, con le loro fragilità e debolezze. Non piccole congreghe di iniziati con le carte in regola, ma le moltitudini dove ognuno è un tesoro più prezioso di tutti i Pil del mondo, e di cui erano figura le folle festanti e commosse che hanno assediato la Jeep e l’utilitaria papale nei giorni di Rio. Papa Bergoglio ha parlato ai giovani, li ha paragonati alle «pupille degli occhi», ha esaltato il dono e lo spettacolo imparagonabile della gioventù dimentica di sé, dei milioni di ragazzi e ragazze a cui ha riproposto la vittoria, «più grande della coppa del mondo», promessa da Cristo: una vita «feconda e felice e un futuro con Lui che non avrà fine, la vita eterna».Nelle parole e nei gesti di Francesco le giornate di Rio non si sono mai ridotte a una kermesse giovanilista, a un momento magico o, secondo certe letture, un parco giochi riservato su base generazionale. I riferimenti agli anziani, alle donne – senza le quali anche «la Chiesa rischia la sterilità» – e il richiamo ai problemi che i ragazzi si trovano a affrontare – a partire dalle difficoltà a trovare un lavoro – hanno sempre tenuto desta la percezione della realtà concreta e del destino comune che lega tutte le generazioni nella società del mondo globale.Nel rilanciare la dinamica con cui la redenzione di Cristo può essere riproposta e sperimentata nel tempo presente, Papa Francesco ha delineato come in un affresco e con parole potenti anche la funzione che spetta alla Chiesa in tale mistero di salvezza e nella società. Le parole e le immagini chiave che l’attuale successore di Pietro aveva finora disseminato in omelie e interventi a braccio hanno trovato espressione organica nei due discorsi ai vescovi brasiliani e all’incontro con i rappresentanti del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Interventi calibrati per ripetere e indicare nuovamente con immagini originali e suadenti che la Chiesa non si ringiovanisce con i lifting o le operazioni di ingegneria istituzionale, ma solo riabbracciando la sua natura di Mysterium Lunae, realtà che cammina nella storia splendendo – come accade, appunto, alla Luna – non di luce propria, ma solo della luce di Cristo...Ogni volta che nel corpo ecclesiale si eclissa questa auto-coscienza già affermata dai Padri dei primi secoli cristiani, ha detto Papa Bergoglio, la Chiesa pretende di costruirsi da se stessa, e così «diventa ogni volta più autoreferenziale e si indebolisce la sua necessità di essere missionaria. Smette di essere Sposa per finire con l’essere Amministratrice; da Serva si trasforma in 'Controllore'». Così, lascia intendere Papa Bergoglio, a volte anche apparati e iniziative d’impianto ecclesiale finiscono per fare velo e ostruzionismo al lavoro della grazia. Mentre nell’ora presente la passione traboccante «della Chiesa per il suo Sposo» si misura non nella produzione di ipotetici anatemi o progetti di «riconquista», ma nel saper «uscire nella notte» dove vagano gli uomini per «camminare assieme a loro», ridando cittadinanza a «tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo». La Chiesa di Francesco è chiamata a «intercettare la strada» dei nuovi discepoli di Emmaus, «ad aprire un varco nel disincanto che c’è nei cuori».
Con queste parole di salvezza e redenzione sarà chiamata a misurarsi tutta la vita della compagine ecclesiale nei prossimi anni. La «conversione pastorale» richiamata da Papa Bergoglio potrà declinare in chiavi inedite quella predilezione per i poveri e per gli ultimi che qualche accigliato intellettuale europeo si ostina ancora a definire «pauperismo», e che altro non è che il riflesso più splendente della 'legge nuova' del Vangelo.
Gli incontri che Papa Francesco ha voluto realizzare a cornice della Gmg (quelli con i tossicodipendenti nell’Ospedale 'Sao Francisco', con i favelados di Varghina, con i giovani detenuti) disegnano al presente la mappa della predilezione che da sempre la Chiesa riconosce ed esalta nelle opere di misericordia spirituale e corporale. Nelle carceri e nelle favelas brasiliane, come in tutto il mondo, il miracolo che più rende evidente a tutti la gloria di Dio è quello delle vite deragliate che vengono redente, dei cuori spezzati che ricominciano a battere, dei figli che sembravano perduti, e sono tornati a vivere. Sono loro i tesori più preziosi di una Chiesa che è e sa di essere amica degli uomini. Che si offre al mondo come preziosa alleata per trovare antidoti anche a quella «cultura dello scarto» descritta da Papa Bergoglio nei suoi discorsi brasiliani come feroce distillato dei processi di disumanizzazione in atto nel cuore delle società avanzate.
Non mancheranno problemi. Ci sarà da faticare. Ma di certo, la direzione indicata a tutti da Papa Francesco anche con le sue giornate brasiliane appare chiara. Ed è bella, la strada.