Conosco molte meravigliose teorie sul fatto che la lettura deve essere un piacere, e come ogni piacere deve essere libero e scelto. Le conosco ma mi guardo bene dall’applicarle. Io personalmente con i miei figli adotto piuttosto subdole forme di persuasione occulta, e posso anche arrivare a vigliacche minacce terroristiche («Se non provi a leggere due capitoli, alla xbox stanotte potrebbe anche capitare un incidente, per dire...»), convinta come sono che il piacere della lettura non è immediato come quello che viene dai videogiochi, ma alla fine attraente lo stesso o di più anche per un ragazzino. Sarò quindi bocciata dal pedagogista moderno, ma almeno in un modo o nell’altro sto coltivando in casa giovani famelici lettori. Spesso dunque vado in libreria in ricerca, e faccio davvero molta fatica a trovare bei libri da imporre – volevo dire proporre – ai miei figli. Il problema è che tra gli scaffali spopola in modo davvero abnorme il genere fantasy: vampiri, creature magiche, elfi, folletti, streghette, morti che camminano, angeli. Una fantasiosa mitologia senza neanche una tradizione alle spalle, raffazzonata, approssimativa, scontata. Un’accozzaglia di robaccia posticcia fatta per solleticare a buon mercato e senza troppo sforzo le paure, le emozioni, il gusto del brivido che bambini e ragazzi tanto amano. So bene che c’è anche una buona fantasy, tipo quella di Tolkien e di Lewis, ma per quanto ne capisco io – poco – la maggior parte dei loro epigoni mancano ampiamente il bersaglio.Mi chiedo dunque i motivi di tanto successo (se i titoli sono così tanti, immagino che siano molto richiesti, non dai miei figli comunque). Penso che un fenomeno tanto esteso si possa spiegare solo con il bisogno che i bambini hanno di mistero, di esplorare in qualche modo qualcosa che vada oltre il mondo sensibile, che dia qualche risposta su quella che è 'la' domanda dell’uomo: cosa c’è dopo la morte. In ultima analisi, la loro è una domanda di senso, il grande vuoto contemporaneo. Certi adulti che sono stati così solerti nel togliere Dio dal proprio orizzonte e da quello dei bambini, gli stessi che si preoccupano che la recita di Natale dell’asilo non contenga accenni a Gesù, per non ferire nessuna sensibilità, e che a Lui dovranno risponderne – lasciate che i bambini vengano a me –, forse non sapevano che la libertà che credevano di avere conquistato a sé e ai loro figli non è la vera libertà cui anela il cuore dell’uomo. Il quale, se non è davvero liberato, cerca una nuova schiavitù. E così chi non frequenta la Bibbia si mette a leggere di magici mondi sotterranei, di vampiri e, cresciuto, di oroscopi, per non parlare di chi più o meno consapevolmente si tuffa nell’esoterismo.Chi non crede in Dio crede a tutto, il vero credente crede in pochissime cose, sa solo Cristo e questi crocifisso. I ragazzi hanno bisogno di certezze salde, di un mondo ben configurato, magari da provare anche a cambiare, ma solido. Colonne di marmo da superare, barriere belle alte da scavalcare, non l’angosciante liquidità. E non funziona se questo mondo è solo inventato in un libro. Li affascina, li prende, ma non basta, non può bastare, perché sa di falso. Qualche giorno fa avevo a cena un amico dei miei figli, non battezzato, non credente, divoratore di libri fantasy. I miei ragazzi, tanto per non farmi rilassare mentre tagliavo fettine e combattevo ammutinamenti contro le verdure, mi sottoponevano alle solite domanducce, tipo «chi va nel limbo?», «com’è fatto il purgatorio?», «che vuol dire tentare Dio?».
L’amico, digiuno di simili argomenti, ascoltava a bocca aperta, affascinato dalla mia certezza (ostentata, peraltro: a volte mi ci vorrebbe un teologo a portata di mano, per le emergenze), assetato di risposte salde e credibili. Il suo sguardo pulito sul mondo, il suo desiderio sincero di sapere meritano di più che risposte artefatte e posticce. Meritano la verità.