«Non abbandonarmi, mamma. Se non verrai, ti giuro che mi impicco...». Angelo, dal carcere, disperato, scrive alla sua mamma che da mesi non va a fargli visita. Si trova in una situazione penosa: senza biancheria, senza un soldo e senza notizie da casa. Angelo sa bene che la sua mamma vive grazie alla carità della gente buona. Ieri, come una pezzente, è andata chiedendo l’elemosina per racimolare i soldi per il viaggio. Ed è giunta in chiesa. Ancora una volta, non certamente l’ultima. Domani potrà riabbracciare il figlio. Ho sempre creduto che la maggior parte della missione del prete non può essere pesata su una bilancia umana. Un lavoro cuore a cuore che è noto solo a chi lo avvicina e al Padre Eterno in cielo. Del prete si può e si deve parlare. Figura strana e commovente. Cercato e denigrato. Richiesto e beffeggiato. Ho letto
Preti e mafiosi di Isaia Sales. Ho sofferto. Per i peccati dei preti, miei fratelli, e per l’ingiustizia con cui l’autore tratta Chiesa e i preti. A sentir lui tutti i mali del nostro Meridione derivano dalla presenza capillare della Chiesa che avrebbe, in certo modo, permesso alle varie mafie di attecchire. Dimentica, l’autore, la storia degli ultimi duecento anni del nostro meridione e l’evoluzione stessa di mafia, camorra e ’ndrangheta. Dimentica di dire che tra i tanti don Abbondio, che fecero notizia, ci furono tantissimi fra Cristoforo, umili e discreti. E come don Abbondio, l’autore, mostra di stupirsi quando un prete ritiene di gettare le braccia al collo al moderno innominato, senza prima passare dalla locale stazione dei carabinieri. Per prendere in esame il secolo breve occorre partire da lontano. Quante differenze tra chi nacque prima della Grande guerra e per noi che, invece, venimmo al mondo dopo. No, la maggior parte della missione del prete, su bilance inadeguate, pesa poco o non pesa affatto. Angelo vedrà la sua mamma e, almeno per adesso, i due torneranno a sperare ancora. Altri, e non si contano, hanno ritrovato nell’incontro con Dio il senso più profondo e vero della vita. Penso che gli italiani avrebbero potuto leggere, in questi giorni, di un altro suicidio in carcere, ma senza questa testimonianza, non avrebbero mai appreso della gioia di un detenuto che riprende fiato grazie a una parrocchia povera di una povera periferia campana. Sandor Marai, scriveva che «un singolo essere umano è sempre l’unico che si possa compatire. Un essere umano è la totalità». Un singolo essere umano è sempre unico e irripetibile. Dal momento del concepimento alla sua morte naturale. Come non batterci tutti il petto per i tre milioni di bimbi a cui si è negato il diritto di nascere nella nostra civile Europa, in un anno solo? Come non chiederci che cosa fare per invertire al più presto la rotta e mettere fine a questa incommensurabile tragedia? La pedofilia più che una piaga è un morbo. Il Papa ha avuto parole durissime per i consacrati che si sono macchiati di questo delitto. La Chiesa ha fatto, ancora una volta, il suo esame di coscienza. Ma quando, da altre parti, spesso osannate e vezzeggiate, possiamo ascoltare simili parole? Dopo le tante critiche alla Chiesa meridionale, Isaia Sales si dice però convinto che senza il suo apporto il Sud difficilmente riuscirà, in tempi brevi, a liberarsi dalle varie mafie. Ne siamo convinti anche noi, ma non solo per le mafie. Siamo convinti che la Chiesa, oggi come ieri, può e deve dare un contributo unico nell’educazione delle nuove generazioni, nell’aiuto ai poveri e nel tenere alto l’amore grande alla sacralità della vita. Deve tenere sveglie le coscienze intorpidite e pigre. Deve, con coraggio e umiltà, annunciare una Parola che non è sua, ma di cui conosce tutta la potenza. Deve amare e fare amare un Dio che per amore immane muore sulla croce come un poveraccio. A ognuno il suo, dunque. Senza farci male. Facendo ognuno la sua parte, ci guadagneremo tutti.