Domani si svolgerà la diciannovesima Giornata nazionale della Colletta alimentare. Un appuntamento divenuto familiare a tanti e che è stato definito il gesto di carità più partecipato in Italia. L’anno scorso 5 milioni e mezzo di persone hanno fatto la spesa anche per chi non riesce a farla, e 135mila volontari davanti a 11mila supermercati hanno raccolto 9.200 tonnellate di cibo che sono state consegnate a 8.100 strutture caritative. Ma il valore del gesto, realizzato anche grazie a un’efficiente rete organizzativa perfezionata negli anni dal Banco Alimentare, va ben al di là di numeri importanti.La Colletta propone uno spaccato di un’Italia che pur facendo i conti con i morsi della crisi non rinuncia a essere solidale con chi è nel bisogno, è un’occasione per fare esperienza concreta di quanto sia diffuso il valore della gratuità, il dono di sé che passa attraverso un gesto semplice come regalare un pacco di pasta o offrire qualche ora per un turno di volontariato davanti a un supermercato. Nei giorni cupi che stiamo vivendo - in cui è più facile cedere alla tentazione di abbassare la saracinesca della mente e del cuore e all’illusione di poter vivere ciascuno nel proprio recinto - c’è più che mai bisogno di gesti e persone che aiutino a risollevare la testa e a ritrovare le ragioni per continuare a vivere e a sperare, per guardare l’altro come qualcuno che è parte di me, che mi è necessario per realizzare pienamente la mia umanità. Per questo è significativo che il Banco Alimentare di Parigi, in una città ancora scossa dalla paura, abbia deciso di confermare anche quest’anno la Colletta che si tiene in tutta la Francia oggi e domani. Per testimoniare che ci sono buone ragioni per non arrendersi al buio. Tra i volontari, come ogni anno, ci saranno studenti, pensionati, operai, professionisti, casalinghe, militanti di movimenti e associazioni. Ci saranno tanti immigrati, quelli che non ti aspetti perché nell’immaginario collettivo stanno sempre dalla parte di chi riceve piuttosto che da quella di chi dà. Ci saranno alpini che indossando orgogliosamente il cappello con la penna nera testimoniano che un’esperienza fondata su valori come il sacrificio, la dedizione e la memoria ha ancora tanto da offrire per mantenere vivo il senso di appartenenza a una comunità. La Colletta 'entrerà' anche in 24 penitenziari, e quelle mani che si protendono oltre le sbarre della cella per donare un po’ di cibo sono la testimonianza più eloquente che anche quando si è toccato il fondo si può provare a risalire, che chi ha sbagliato non è definito dal male commesso, che il cuore dell’uomo è fatto ultimamente per il bene.Il 3 ottobre scorso, ricevendo in udienza il 'popolo' del Banco Alimentare, papa Francesco ha ricordato che «condividere ciò che abbiamo con coloro che non hanno i mezzi per soddisfare un bisogno così primario, ci educa a quella carità che è un dono traboccante di passione per la vita dei poveri che il Signore ci fa incontrare». La parola carità - che sembra a tratti tanto impopolare eppure è quotidianamente e da tanti praticata, spesso nel nascondimento di gesti semplici e commoventi - esprime la prospettiva più vera con cui guardare al bisogno degli uomini. Un bisogno fatto di cose materiali, ma nel quale vive il desiderio di qualcosa di più. Perché, come diceva un francescano dopo tanti anni passati a scodellare la minestra per i poveri che frequentavano la mensa del suo convento, chi ha fame non cerca solo da mangiare. Ogni uomo cerca qualcosa che risponda al bisogno più grande, quello di un significato capace di tenere in piedi l’esistenza. Di fronte ai gesti mortiferi dei figli del nulla che vogliono paralizzare le nostre esistenze, servono gesti pieni di un desiderio di bene disarmato eppure potente e contagioso, perché abita nel cuore dell’uomo.