lunedì 9 febbraio 2009
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Caro Direttore, sono un salesiano che vive a stretto contatto con gli adolescenti. Scrivo a lei perché non so a chi altri rivolgermi, senza rassegnarmi a stare in silenzio dopo quella che io considero l’ennesima provocazione apparsa in prima pagina del quotidiano più letto in Italia dai giovani e non solo: la « Gazzetta dello Sport » . Nell’edizione odierna ( 27 gennaio) a piè pagina compare in bella evidenza la pubblicità di una birra cinese, e non è la prima volta! Questo si somma ad altre occasioni in cui durante le partite di calcio, ben sapendo che parecchi adolescenti le guardano, spesso vengono mandato in onda spot di alcolici. Noi educatori, lettori e utenti vari siamo destinati a essere impotenti spettatori delle stragi di giovani ubriachi che muoiono e uccidono a loro volta sulle strade con cifre da guerra in corso? Oppure possiamo coalizzarci, unire associazioni ed enti, far intervenire le autorità competenti affinché non si pubblicizzi più così spudoratamente quello che produce tali disastri che depotenzia il nostro presente e compromette il futuro dell’attuale generazione? Grazie per quello che farà a favore di questa causa, decisiva per la salute dei nostri figli e per il bene dell’intera società. P.S. Ho tentato di scrivere direttamente al giornale in questione, ma senza ottenere risposta. Per questo mi sono rivolto a chi dirige un giornale che cerca di mettere i valori della persona prima degli affari economici.

don Pierpaolo Rossini

La sua lettera, caro Don Rossini, esprime una preoccupazione pedagogica ed educativa, un’attenzione verso i giovani proprie della sensibilità salesiana. Lei non è il primo lettore che pone la questione inerente la legittimità della pubblicità di bevande alcoliche; legittimità che dovrebbe essere ancora di più «sub judice» quando si tratta di media generalisti, accessibili anche al pubblico dei minori, come nel caso di un grande quotidiano sportivo. Certo la crisi del mercato pubblicitario e la caduta a picco dei fatturati che tocca la carta stampata rendono più difficile il rifiutare delle inserzioni. Ma la testata da lei citata è uno storico patrimonio del giornalismo italiano, bandiera di tante battaglie di civiltà dello sport (per esempio quella contro la violenza negli stadi). Proprio in virtù di questa sua caratura dispiace maggiormente veder pubblicata, qui, la réclame d’un prodotto come la birra (prescindendo dalla marca), pubblicità di cui non s’avverte affatto il bisogno, essendo proprio il consumo eccessivo di birra uno dei fattori scatenanti (o almeno incentivanti) la devianza giovanile, in particolare quella della tarda serata: etilismo (con l’Italia ai primissimi posti in Europa), risse, teppismi, stupri, guida in stato alterato. Facile rispondere che una bevanda in sé non fa male, ma è l’abuso (e quindi la responsabilità del consumatore, non del venditore) a creare il danno. Ma quando c’è un’emergenza in corso, i sofismi non fanno altro che peggiorare la situazione. La verità vera è che – oggi – la propaganda di alcolici e superalcolici andrebbe severamente regolamentata e monitorata, anzi andrebbe imposto sulle confezioni un chiaro richiamo alla dannosità di questi prodotti, come già avviene, del resto, per le sigarette. Come lei giustamente osserva, è in gioco il futuro di una generazione, e di conseguenza il futuro del Paese. Educare non significa blandire (o peggio abbandonare) i giovani nei loro comportamenti discutibili e dannosi, magari in nome di un’errata nozione di libertà personale, ma formarli alla realtà attraverso la corresponsabilità, di cui una certa severità è precondizione. Per questo rilancio volentieri il suo appello.

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