venerdì 14 marzo 2014
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Un treno che deraglia in corsa e che non si riesce a fermare. Questo è quello che può accadere in un episodio tragico dove una madre uccide i suoi figli. Troppo numerosi sono ormai i fatti di cronaca che spesso vengono etichettati come «episodi di follia», perché si pensa che solo la follia possa stare alla base di mortifere scelte estreme, che sovvertono l’ordine naturale delle cose in modo violento. Non possiamo, però, non vedere un dato ricorrente che accompagna tali episodi: spesso in questi fatti di cronaca trapela la notizia che i genitori sono separati, che la famiglia è disgregata, che un genitore non riesce a vedere i figli. Non crediamo, ovviamente, che la separazione sia sufficiente per motivare fatti così tragici; crediamo però che, senza  entrare nel campo della patologia psichiatrica, il dolore che accompagna ogni separazione possa slatentizzare alcuni aspetti normalmente sotto controllo e possa far “deragliare” una persona già provata e minata nel suo profondo. La separazione, come ogni evento traumatico, minaccia infatti la sicurezza degli individui e può aumentarne il senso di solitudine e di precarietà.Come ogni frangente di vita, anche la separazione presenta però margini di libertà e di scelta. Da tempo gli psicologi sostengono come non sia la separazione di per a costituire una fase tragica o traumatica della vita, ma è il modo in cui essa viene affrontata e in cui vengono gestite le relazioni tra  tutti i protagonisti dell’evento (ex-partner, figli, famiglie allargate, contesto sociale), che può deporre per un esito più o meno doloroso. La separazione, se fortemente subita o gestita in modo confuso e autoreferenziale, può gettare le persone in uno stato di prostrazione e minarle anche nella loro identità. “Sarò ancora capace  di fidarmi di qualcuno? Sarò ancora amato? Tutto quello che ho costruito si è rotto. Riesco a costruire solo cose che si rompono?  Sono un fallimento?”. La separazione però può anche essere gestita in modo costruttivo, se entrambi i coniugi si impegnano nella elaborazione della fine del legame, riuscendo  a “salvare” qualcosa e riconoscendo quanto di buono il legame ha generato e se si sforzano di gestire il conflitto in modo costruttivo, cercando di ridefinire i confini coniugali e familiari.La separazione tuttavia non è solo “questione di coppia”: come i suoi effetti non riguardano solo gli ex-partner (pensiamo a quanto siano coinvolti nella separazione non solo i figli, ma anche i nonni, gli amici della coppia…), così le azioni che possono essere messe in campo, una volta che la rottura s’è verificata, per facilitare il processo separativo dipendono anche dal contesto sociale. Che, per esempio, può sostenere gli ex-partner con strumenti quali la Mediazione Familiare, i Gruppi per genitori separati, i Gruppi di parola per i figli. Non dimentichiamo poi il supporto che può derivare dall’appartenenza ad Associazioni di genitori separati. Possiamo dire di più: la domanda che accompagna il lavoro dei professionisti che si occupano di separazione non è solo quella che porta a pensare a "come intervenire dopo", ma anche quella che è rivolta a comprendere e a riflettere su che cosa oggi rende fragile l’uomo e i suoi legami.Tutte le relazioni umane  (nessuna esclusa) sono  potenzialmente il luogo di dimensioni generative, quali la fiducia, la speranza e l’apertura all’altro, ma al contempo anche di dimensioni degenerative, quali il cinismo, il desiderio di prevaricazione e il bieco egoismo. Il dominio (tipico del nostro contesto culturale) delle dimensioni istintive ed emotive sugli aspetti valoriali e razionali produce un inevitabile squilibrio a favore delle forze degenerative, individualistiche e disgreganti, che non riescono a essere più governate, conducendo alla sofferenza psichica, fino all’estremo rischio di perdere ogni controllo e “deragliare” anche a danno dell’altro e della sua stessa vita.Aiutare la persona a recuperare la sua “unità” e integrità interiore, dove passione e ragione non sono in contrasto, ma interagiscono in funzione di ciò che è bene per l’umano, è dunque un compito educativo oggi fondamentale, che va messo al centro di interventi preventivi e di supporto per le coppie.Da anni il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano – noi che scriviamo queste note ne facciamo parte –, sta portando avanti “Percorsi di Enrichment Familiare”, basati su questi presupposti antropologici e su una lunga tradizione di studi e ricerche che hanno portato a meglio comprendere non solo il funzionamento della coppia, ma anche i motivi e le conseguenze del conflitto e della frattura coniugale. A tal proposito è stata appena avviata su scala nazionale una ricerca sulla realtà dei genitori separati, che ci auguriamo possa illuminare ulteriormente non solo la ferita della separazione, ma anche le possibili piste di intervento da attuare, prima che il dolore della frattura degeneri in disperazione e violenza. È questa per noi una sfida che non può essere disattesa.
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