Caro direttore, con l’enciclica Laudato si’, papa Francesco ci ha proposto di «entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune » nella ricerca di uno sviluppo sostenibile integrale. A cinque anni dalla sua pubblicazione, che abbiamo celebrato domenica 24 maggio, il tema è particolarmente attuale di fronte a una pandemia che ci ha colto impreparati, nonostante il moltiplicarsi di studi che da anni evidenziano le connessioni tra l’azione antropica distruttiva sull’ambiente e il rischio di diffusione di nuovi virus. Dati ed evidenze che non possiamo più trascurare. È tempo quindi di rileggere la Laudato si’ per coglierne di nuovo la portata profetica – tutto è in relazione – che la rende più che mai attuale: «Non ci sarà una relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia».
A molti è parso in questi anni che questa Enciclica papale abbia costituito e continui a essere il documento più avanzato su cui costruire un programma politico e sociale per la salvaguardia della vita umana e del nostro pianeta. Ma questa proposta è rimasta purtroppo priva di concretizzazione da parte della comunità internazionale. Eppure la sua portata innovativa nella complessità della questione ecologica è, ancora oggi, in grado di indicarci con precisione la strada: di fronte alla sfida della cura del pianeta e della salute delle persone, il paradigma economico e tecnologico su cui abbiamo impostato il modello di sviluppo deve lasciarsi contaminare da una visione antropologica rinnovata in cui le diverse competenze sociali, economiche, politiche, tecniche siano nutrite da un principio etico e spirituale che metta al centro il valore dell’intera comunità di vita. «Come potevamo pensare di vivere sani in un ambiente malato?», chiede oggi Francesco.
Il rischio della diffusione di nuovi virus rende oggi più urgente che mai lo sviluppo di un approccio integrato sulla salute che tuteli insieme persone, animali e ambiente, secondo il paradigma sempre più condiviso One World, One Health: uno solo il pianeta, una sola la salute. Ma è bene ricordare che i fondamenti di questa visione erano già delineati dalla Laudato si’ attraverso la proposta di «una nuova solidarietà universale» tra persone e beni naturali. Dobbiamo fare attenzione a non ridurre a un 'sogno' irrealizzabile la conversione ecologica globale a cui l’umanità è chiamata dall’Enciclica, lasciando in secondo piano il forte invito a un cambiamento di rotta verso un nuovo modello di giustizia rivolto anche alle future generazioni che ascolti «tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».
L’esperienza del Covid-19 ha evidenziato con forza l’urgenza di questa conversione che necessita di concrete proposte di attuazione. Su questo percorso si colloca il documento ' Aqua fons vitae - Orientamenti sull’acqua: simbolo del grido dei poveri e del grido della terra', pubblicato alla fine dello scorso mese di marzo dal pontificio Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale. A cinque anni dalla Laudato si’ e alla luce delle piste di lavoro che l’Enciclica indicava, il Vaticano è tornato, dunque, ad approfondire il tema della cura delle risorse naturali, focalizzando l’attenzione sull’acqua come l’elemento trasversale che influisce sul raggiungimento del bene comune della famiglia umana. Il documento, che non ha avuto molta risonanza negli altri media nazionali anche per il fatto di essere stato pubblicato solo lingua inglese, assume una particolare rilevanza in questa fase storica in cui il valore igienicosanitario dell’acqua sta emergendo anche nei Paesi che non soffrono di scarsità idrica o di mancato accesso ad acqua di buona qualità, per il ruolo fondamentale che essa svolge nella prevenzione dalle pandemie.
Ma è soprattutto rilevante per lo sforzo di analisi delle sfide, per l’approfondimento delle criticità e per la concretezza delle proposte che avanza a livello sia di advocacy sia di attuazione locale, su cui la Chiesa è chiamata a impegnarsi. È anche importante sottolineare che Aqua fons vitae è il risultato finale di un ampia consultazione tra il Dicastero e diversi stakeholder istituzionali, accademici e della società civile, tra cui il Contratto mondiale sull’Acqua, coi quali ha avviato un percorso di confronto sul tema dell’acqua a partire dal Convegno ' Governing common good: access to drinking water for all » del novembre 2018 e proseguito nel corso del 2019. Sono molti i pronunciamenti forti che il documento fa propri, in riferimento a discorsi di papa Francesco, della Laudato si’ e delle consultazioni con la società civile: il riconoscimento dell’acqua come un bene comune e un diritto umano universale, condizione per l’esercizio di altri diritti umani, come quello alla salute per esempio; l’importante riflessione sul multiforme valore dell’acqua (religioso, socioculturale ed estetico, istituzionale e per la pace) e in particolare sul suo controverso valore economico, di cui accetta l’utilità solo per contrastare l’impatto negativo sull’ambiente, riaffermando il principio che «gli interessi economici non devono essere elevati sopra il bene comune ».
Viene affrontato anche il tema della gestione delle risorse idriche e della privatizzazione, con la condanna di una visione dell’acqua come merce. Interessante il richiamo al ruolo primario dello Stato come garante del diritto umano all’acqua e alle risorse per il bene comune, esplicitando che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto e intoccabile, ma subordinato al diritto a un uso comune». Il documento inoltre denuncia con chiarezza la frammentazione delle politiche sull’acqua, i pericoli per la salute a causa dell’accesso inadeguato ai servizi igienici, l’eccessivo uso della plastica, l’inquinamento delle risorse idriche e degli oceani, i rischi per le comunità vulnerabili, in particolare per donne e bambini. E avanza molte proposte concrete che monasteri, scuole, mense, oratori e centri sanitari gestiti da strutture ecclesiali possono mettere in pratica: garantire l’accesso all’acqua in tutte le Chiese e le istituzioni religiose locali; ridurre l’uso di bottiglie di plastica monouso e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti; creare punti di accesso pubblico all’acqua, sostegno per le bollette a famiglie disagiate e molto altro. «Esiste un forte legame tra ecologie sociali, umane, economiche, culturali e ambientali », afferma Aqua fons vitae in continuità con la Laudato si’: l’appello per un’ecologia integrale deve trovare strade di attuazione concrete anche a partire da una nuova visione dell’acqua in quanto «elemento fondamentale col quale costruire ponti e relazioni tra popoli, comunità, paesi», e per un nuovo modello di vita che tuteli la salute delle persone e del Pianeta.
Segretaria generale del Comitato italiano Contratto mondiale sull’Acqua