ACana di Galilea, Maria, ai servi senza vino, indica Gesù e consiglia: «Fate quello che vi dirà». Sul monte della Trasfigurazione è lo stesso Eterno Padre a rivelare ai discepoli: «È lui il mio figlio prediletto. Ascoltatelo!». Qualsiasi cosa vi dirà, ascoltatelo. Se volete essere felici, ascoltatelo. Se volete dare un senso alla vostra vita, ascoltatelo. Papa Francesco, rivolto alla Chiesa italiana, martedì a Firenze, ha detto: «Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: 'Voi, chi dite che io sia?'». Nel suo volto noi vediamo il volto di Dio. Un Dio «svuotato» ha aggiunto il Papa. Un Dio che tanto somiglia ai negletti della terra. Ai diseredati. Agli afflitti. Agli ammalati. A chi soffre, lotta e muore per le ingiustizie che è costretto a sopportare. A chi questa sera non ha dove posare il capo. E Francesco ha voluto consegnarci tre parole magiche: umiltà, disinteresse, beatitudini. Tutto abbiamo ricevuto in dono. Di niente siamo padroni. Nemmeno di un sospiro. E al dono si risponde sempre con un grazie. Un grazie umile. Riconoscente. Grato. Umiltà è l’altro nome della verità. 'Uomo, per te Dio è morto'. Se so di essere stato gratuitamente accolto e perdonato, come posso a mia volta non accogliere e perdonare il mio fratello? Disinteresse. Amare vuol dire immergersi in un mare di sentimenti, di emozioni, di stati d’animo unici e irripetibili. Amare è vivere. Ti amo senza interesse alcuno. Ti amo perché sei tu. Senza gratuità mai potrà avvenire il miracolo dell’amore, dell’amicizia, della vera comunità. Della Chiesa. Senza gratuità non ha senso la vocazione al sacerdozio, alla vita consacrata, eremitica, contemplativa. «Solo Dio basta». Certo, perché solo Dio riempie veramente il cuore. «Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino. Percorrendolo noi esseri umani possiamo arrivare alla felicità più autenticamente umana e divina», ha continuato il Papa. La felicità, che tante volte sembra essere solo una chimera, la possiamo trovare accompagnata alle beatitudini. Signore voglio essere felice. Voglio stare con te. Voglio respirare te. Voglio la vita eterna. Signore non mandarmi via. Signore da chi andremo se ci lasci soli? «L’ho detto più di una volta e lo ripeto ancora oggi a voi: 'preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti'». Dobbiamo fare spazio allo Spirito. Dobbiamo abbassare le montagne, colmare le valli, per preparare la strada al Signore che viene. Egli viene a salvarci. «Alcuni greci andarono da Filippo e gli chiesero: 'Vogliamo vedere Gesù'. Filippo andò a dirlo ad Andrea e poi insieme andarono da Gesù». Filippo non è Gesù. Andrea non è Gesù. La Chiesa non è Gesù. È la sposa di Gesù alla quale è stata affidata una missione sublime e impegnativa. «Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte», ha concluso il Papa. E io, prete, sento che la Chiesa italiana è grata al Signore per tanta grazia e riconoscente per l’invito di Francesco a farsi sempre più povera e generosa. Libera, così, di essere se stessa, accanto ai poveri e vicina a tutti.