Gli auguri come a una persona amata, irraggiungibile e però vicina. Che si fa ormai vedere poco – anzi affatto – ma di cui si rispetta la scelta di vivere ritirata. «Ti voglio un mondo di bene». «Mi manchi tanto». «Cento di questi giorni». «Un forte abbraccio». «Vorrei saper dire qualcosa di bello che la faccia sorridere, riesco solo a dirle: le voglio bene».
Auguri spontanei, come a uno di famiglia. Genuini. Veri. Sembra quasi che aspettassero solo l’occasione giusta, le centinaia di persone – ormai ben oltre il migliaio – che ieri, in una manciata di ore, hanno lasciato un messaggio di auguri al Papa emerito nel giorno del suo 86° compleanno. Un "guestbook" al quale si accede dal sito internet di Avvenire, un invito semplice a rivolgere gli auguri a Benedetto XVI. E una risposta impetuosa, con post che arrivano come un fiume in piena. Segno che il silenzio aspettava solo di essere rotto, la distanza solo di essere colmata, la frequentazione di essere rinnovata. «Wish you all the best», scrivono dall’Indonesia. «Felicidades», riecheggiano dalla Spagna. E poi messaggi dalla Germania, dalle Filippine, dalla Polonia... Benedetto è nel cuore del popolo cristiano, la separazione inaspettata ha lasciato attoniti, ma non ha interrotto il dialogo con lui. Le parole sono tracimate alla prima occasione. Come se il nuovo e travolgente affetto per papa Francesco, l’attesa e la speranza che quotidianamente suscitano le sue parole, poggiassero le radici sulla tenera amicizia e sulla comunione profonda con il suo predecessore. Come se fossero due persone della stessa famiglia. E in realtà lo sono.Hanno scritto a Benedetto persone che lo hanno visto da vicino, come una sedicenne spagnola paraplegica che ricorda con commozione l’incontro durante la Dedicazione della Sagrada Familia a Barcellona nel 2010. Persone che lo portano nel cuore per i suoi insegnamenti, i suoi scritti, «l’educazione alla pace, l’idea dell’onnipotenza disarmata», come Sergio Paronetto di Pax Christi. Semplici famiglie toccate dal coraggio di quel gesto così inedito di lasciare il Pontificato. «Grazie per averci insegnato che anche i grandi come te possono farsi umili», scrive la famiglia Innocenti da Buccinasco. Sembra prendere corpo quello che Papa Benedetto aveva detto nel suo ultimo Angelus, domenica 24 febbraio: «Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi». Continuate a sentirmi vicino, aveva chiesto. E moltissimi post arrivati a www.avvenire.it colgono a fondo la dimensione evangelica dell’esistenza ora quasi eremitica del Papa emerito: «È forte la certezza che la sua vita è dono fino all’ultimo per la sua e nostra amata Chiesa», scrive suor Teodora da Pietrarubbia. Le fa eco Giovanna, con l’augurio «che la sua preghiera sia ancora più fruttuosa di tutto il bene che ci ha infinitamente iniettato». È come se la preghiera di Benedetto accompagnasse i gesti di Francesco, in una comunione inedita e straordinaria che coinvolge tutta la Chiesa, fino al suo più piccolo e umile componente. «Ci manca come padre e come maestro, come teologo ed esegeta – scrive Francesco da Acireale – ma sappiamo che sempre ci sarà vicino nella grande comunione della Chiesa». Piccoli, brevi messaggi, che restituiscono l’immagine di un popolo che vuol bene ai suoi pastori. E che guardandoli riscopre l’unica sua autentica ricchezza: Cristo.