«Il mio appello è che si ritorni a dialogare tra l’Ucraina e la Russia. Mi rivolgo anche alle altre nazioni che sono dietro: alla Cina, all’India, anche alla Nato, all’Europa, all’America. Per favore facciamo cessare i rumori delle armi e invece facciamo prevalere il rumore delle coscienze, il rumore della pace, il rumore della mitezza».
Lo ha ribadito monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vice-presidente della Cei, arrivando a Odessa con una cinquantina di componenti della “Carovana della pace”.
Il presule ha espresso a nome della Chiesa italiana vicinanza e solidarietà a quanti soffrono per il conflitto. La delegazione, ha spiegato don Tonio Dell’Olio, della Pro Civitate Christiana di Assisi e coordinatore della campagna “Stop the war now”, sostiene con forza che «nessuno ha il diritto di bombardare i civili, nessuno ha il diritto di bloccare i porti e affamare esseri umani».
Nel corso di un primo incontro con gli esponenti delle diverse confessioni cristiane, i promotori della campagna hanno di nuovo fatto appello perché la guerra di aggressione venga fermata. Pur tra accenti differenti sulle modalità con cui trovare una soluzione al conflitto, la comunità cristiana odessita ha ringraziato la “Carovana” non solo per aver portato aiuti umanitari, ma per essersi spinta fin dentro il conflitto, affrontando difficoltà e rischi pur di mettersi in ascolto della popolazione. Merito degli operatori di "Operazione Colomba" che da settimane, senza clamore, vivono a Odessa dove stanno progettando iniziative insieme alla popolazione. «Siamo tutti d’accordo su un punto fermo – ha detto il vicepresidente della Cei –: fare in modo che non ci si abitui al conflitto e che l’indifferenza possa prevalere».
“Stop the War Now” nasce in Italia, ma con una vocazione europea. Un impegno concreto che già ad aprile aveva visto la “Carovana della pace” consegnare nella città di Leopoli 32 tonnellate di aiuti umanitari per i civili colpiti dalla guerra, mentre era riuscita a far evacuare 300 persone.
«Siamo qui con i nostri corpi, con le nostre vite, con tutti i nostri limiti – ha spiegato il vescovo Savino – senza alcuna presunzione, senza alcuna spocchia, ma vogliamo dire che la pace è possibile». Una presenza, tra le minacce e i pericoli di un conflitto, che ha fatto guadagnare la gratitudine e il rispetto della gente di Odessa. «Vorrei rivolgere un appello ai cari amici italiani: fate tutto il possibile per aiutarci a fermare questa guerra prima possibile. Ogni giorno che passa muoiono tante persone, non solo soldati ma anche civili», ha detto il vescovo greco-cattolico Mykhaylo Bubniy, esarca di Odessa, durante la conferenza stampa congiunta.
Il parroco della cattedrale cattolica, don Roman Krat, ha spiegato perché le Chiese cristiane ucraine sostengono la risposta militare all’aggressione di Mosca, invocando la voce dei vertici della Chiesa cattolica a sostegno della condanna «di questo crimine contro un intero popolo».
Parole espresse mentre fuori le sirene annunciavano una possibile minaccia per Odessa e la sua regione. Pochi minuti dopo si scoprirà che i radar avevano avvistato i missili indirizzati contro il centro commerciale di Kremencuk. «Si pensa che la corsa al riarmo – ha insistito monsignor Savino – come se si trattasse della soluzione, ma non posso mai dimenticare quell’immagine straordinaria dei ragazzi di Tienanmen quando di fronte ai carri armati reagirono mostrando dei fiori».
Un ricordo che può sembrare ingenuo, mentre a poca distanza continua ad infuriare la battaglia. «Dobbiamo – ha osservato il vicepresidente della Cei – dare più sostanza alla nonviolenza attiva e passiva: la non violenza deve diventare il nostro codice spirituale, il nostro codice culturale pur sapendo che oggi sembra perdente, ma domani prevarrà».
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