mercoledì 18 ottobre 2023
Don Riccardo Giavarini, bergamasco, racconta la sua vita di prete. Anche da laico è sempre stato un grande coordinatore di progetti sociali, oggi attraverso la fondazione Munasim Kullakita
E tu cosa fai? Non lamentarti, agisci

Don Riccardo Giavarini, bergamasco, racconta la sua vita oggi di prete. Da giovane seminarista negli anni ’80 è andato in Bolivia per una esperienza. Lì ha conosciuto Berta, si è sposato, ha avuto figli, con la sua famiglia ha sempre vissuto in Bolivia, è nonno. Dopo la morte di Berta, qualche anno fa, ha finito gli studi di teologia ed è stato ordinato sacerdote nella diocesi di El Alto.

Riccardo è da sempre un grande coordinatore di progetti sociali oggi attraverso la fondazione Munasim Kullakita, che dà lavoro a più di 70 persone. Si occupa di migranti, di donne e bambine che cadono nella prostituzione e di molto altro.

Dice Riccardo nel video: «Quando ho iniziato a lavorare su queste problematiche l’ho fatto proprio perché convinto che come cristiano, come chiesa dobbiamo essere presente nelle carceri, sulla strada, nelle piazze per sentire, per leggere le dinamiche che si stano sviluppando. Al posto di lamentarci: c’è tanta droga, tanta prostituzione, il governo non fa niente, dovremmo dirci: tu, tu come cristiano, tu come prete, cosa stai facendo per organizzare, per sensibilizzare, per prevenire? Chiudere gli occhi o guardare da un'altra parte è raccontato nella parabola del buon samaritano, e riflette chiaramente la nostra realtà: il prete che ha fretta di andare in chiesa, il seminarista che passa e si gira dall’altra parte mentre lo straniero di Samaria si ferma, scende da cavallo, spende i suoi soldi, lo porta dal medico, lo cura e dice all’albergatore se spendi di più mi faccio carico io. È questione di dare dignità e qualità di vita alle persone che soffrono. Questo dovrebbe essere il nostro atteggiamento come cristiani, come persone che diciamo di amare Dio ma non siamo capaci di amare la gente, soprattutto la gente che soffre condizioni di sfruttamento sessuale, di consumo di sostanze, di vita di strada. Noi dovremmo essere quelle persone che si mettono a fianco e che lottano per dare dignità, soggettività e partecipazione a queste vittime».

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