Vilnius si prepara ad accogliere il vertice della Nato - Reuters
Martedì e mercoledì, a Vilnius in Lituania, i Paesi Nato si confronteranno sui temi della difesa collettiva. Ma al centro del dibattito ci sarà soprattutto la guerra in Ucraina. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà l'ospite d'onore tra i leader occidentali. Joe Biden catalizzera le attenzioni, anche se la scelta di inviare le bombe a grappolo alle truppe di Kiev sta spaccando il fronte alleato. Per l'Italia sarà presente la premier Giorgia Meloni. Molti i temi in agendo, ecco i principali.
Il segretario della Nato Jens Stoltenberg - Ansa
Armi all’Ucraina
Ha gelato le aspettative ucraine il presidente del comitato militare della Nato: «Kiev non riceverà jet occidentali prima della fine della controffensiva». A Vilnius non ci sarà nessuna fuga in avanti degli alleati, che però potrebbero interinare il piano proposto da Stoltenberg: acquistare congiuntamente munizioni da 155 mm, sulla falsariga dell’Ue. Un miliardo di dollari è la cifra in ballo. C’è inoltre nell’aria un progetto di assistenza strategica pluriennale a Kiev, per uniformarne dottrine, forze e comandi agli standard alleati, prodromo all’ammissione nella Nato. Saranno risposte soddisfacenti per l’Ucraina, che invoca continuamente jet? Per creare una linea da combattimento efficace servono almeno 6-12 mesi: il minimo per formare piloti, meccanici, catene logistiche e infrastrutture. Se tutto va bene ci vorrà la fine dell’autunno.
Adesione della Svezia alla Nato
A Vilnius sarà un nulla di fatto anche per l’adesione della Svezia alla Nato. Si andrà a dopo l’estate. La Turchia e l’Ungheria si ostinano ancora a non ratificare l’atto. A metà giugno, il Parlamento di Ankara aveva incluso il dossier in un documento sui voti a venire, ma il tema non è in calendario nella sessione straordinaria estiva, che si tiene questa settimana. Il rogo del Corano a Stoccolma, mercoledì scorso, ha peggiorato le cose, indisponendo Ankara, che non perdona nemmeno alla Svezia l’asilo concesso ai militanti curdi. Erdogan, considerandoli terroristi, ne esige l’estradizione, ma finge di non sapere che si tratterebbe di espulsioni arbitrarie. Ecco il perché dell’impasse. La rimozione dell’embargo sulla vendita di armi decisa da Stoccolma sembra non bastare, perché le riforme svedesi sull’irrigidimento dell’asilo ai curdi non accontentano ancora il Sultano.
La minaccia russa
Sarà uno dei temi centrali dei dibattiti, con un occhio di riguardo alla possibile evoluzione degli scenari. Il primo, già in atto, prevede il ritorno della guerra fredda, circoscritta alla sola Europa. Nato e Russia, mondi inconciliabili, polarizzeranno lo scontro fra democrazie liberali e regimi autoritari, con una cortina di ferro lungo il confine bielorusso e guerre per procura in Ucraina, Moldavia e Georgia. Un ritorno alla logica dei blocchi, alla tensione strategica massima e alla cesura irreparabile. Il secondo scenario, studiato dagli Alleati, sarà il rischio di una guerra diretta fra la Nato e la Russia, soprattutto in Ucraina. Se Mosca vi conseguisse vittorie decisive, paesi come la Polonia potrebbero intervenire, trascinando in guerra gli altri alleati. La Cina starebbe a guardare? A Vilnius se ne parlerà, gettando le basi della pianificazione.
Tre piani regionali
A Vilnius si punta a interinare tre piani di intervento dell’Alleanza per altrettanti scacchieri: il primo copre il Nord Europa e l’Atlantico ed è comandato da Norfolk. Il secondo, capeggiato da Brunssum, è competente sui paesi baltici e alpini. Il terzo, con vertice a Napoli, è posto a difesa del Mediterraneo e del mar Nero. Ovunque, la difesa abbraccerà cinque domini: aereo, terrestre, marittimo, spaziale e cibernetico. Se arriverà l’avallo politico, ci saranno da limare i dettagli: formato delle truppe ed equipaggiamenti in allerta. Con una novità di rilievo: la settimana scorsa, gli alleati si sono impegnati a fornire al comando di Shape un’aliquota di soldati e mezzi provenienti dai rispettivi eserciti. Un passo per ora confidenziale ma non meno decisivo visto che la Nato non ha forze armate proprie, ma solo una flotta di aerei Awacs.
Una membership per l’Ucraina?
A Vilnius si dibatterà sul futuro dell’Ucraina. La porta della Nato è aperta, ma non sarà indicata una data di adesione. A guerra in corso significherebbe provocare un’escalation pericolosa. Il piano di adesione Map e lo Studio sull’allargamento della Nato sono chiari: perché uno stato possa integrare l’Alleanza è conditio sine qua non che «abbia risolto le proprie contese internazionali con mezzi pacifici (…)». E’ inoltre necessario che impronti i «rapporti internazionali sul buon vicinato». Ecco perché a Vilnius si potrà avanzare solo sul tema delle garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina: trovare l’unanimità sulle clausole militari attivabili in caso di nuove aggressioni al paese. Tutto dipenderà dagli Usa, per ora prudenti, ma unici a poter esercitare una deterrenza credibile.
La Cina al centro dei dibattiti
Parte del vertice di Vilnius, guarderà al di là dell’Europa, terreno d’elezione della deterrenza Nato. La sfida geostrategica maggiore, oltre alla minaccia russa, proviene ormai dalla Cina. L’«Impero globale», che combina dottrine maoiste e navalismo mahaniano, proietta già potenza in Europa, nell’Artico e nel Mediterraneo. Insidia lo status quo nello stretto di Taiwan e nei «mediterranei asiatici», condizionando i destini euro-atlantici, dipendenti dalla supremazia marittima. Gli articoli 8, 13 e 14 del concetto strategico interalleato guardano con sospetto alle ambizioni cinesi, «contrarie ai nostri interessi, alla nostra sicurezza e ai nostri valori». La cooperazione è ancora possibile, ma la Cina va braccata anche per la proliferazione nucleare, le minacce cibernetiche-ibride e lo spionaggio industriale.