Tweet del New York Times
Svolta nei Marines: per la prima volta in 246 anni è stato permesso a un soldato di origini Sikh di indossare il tradizionale turbante. Un precedente che potrebbe aprire la strada a una vera e propria rivoluzione nel corpo più di elite delle forze armate americane, ma per questo da sempre il più chiuso e intransigente verso i cambiamenti. Non è stata facile la battaglia portata avanti dal tenente Sukhbir Toor, 26 anni, che per mesi si è dovuto duramente confrontare con i suoi superiori a rischio di mettere in pericolo la sua promozione al grado di capitano. Una battaglia condotta in nome della libertà religiosa e che in altre branche delle forze armate Usa e in altri Paesi come Regno Unito, Canada e Australia è già stata vinta da tempo, che si tratti di un turbante, di un hijab o di pettinature afro. E sono un centinaio i militari di origine Sikh che prestano servizio nell'esercito americano indossando senza problemi il turbante e sfoggiando una folta barba.
Ma per i Marines l'uniformità tra i suoi ranghi conta più che altrove e più di ogni altra cosa, è il simbolo di un legame e di uno spirito di corpo che non può cedere il passo nemmeno a quelle libertà costituzionali che i suoi uomini sono chiamati a difendere. È per questo motivo che sono stati l'ultimo corpo dell'esercito Usa a permettere anche agli afroamericani di arruolarsi, o che più di recente ha detto ancora una volta no alle donne soldato in combattimento.
Così la prima risposta data alla domanda di Toor di indossare il turbante Sikh e di farsi crescere la barba era stata negativa. La motivazione: le espressioni individuali, anche religiose, possono logorare la necessaria disciplina, erodere la fiducia verso il corpo e soprattutto minare l'efficacia nei combattimenti. In poche parole - fu la risposta dei vertici dei Marines - "può costare vite umane, e il fallimento sul campo di battaglia è un rischio inaccettabile".
Solo dopo che Toor ha minacciato di fare causa la posizione dei superiori si è ammorbidita: il tenente ora potrà indossare il turbante ma solo durante il servizio di ordinaria amministrazione in caserma, ma non in cerimonie ufficiali o in zone di combattimento. Una vittoria ancora a metà, dunque: "Non è abbastanza – ha affermato Toor al New York Times -. Il corpo dei Marines deve dimostrare di credere davvero nella forza della diversità, e nel fatto che non importa come appari ma come fai il tuo lavoro". La speranza che il muro dei Marines si sgretoli è in quelle immagini della scorsa primavera all'Accademia di West Point, quando per la prima volta nella storia un cadetto di religione Sikh ha potuto giurare e sfilare in alta uniforme col suo turbante che spiccava in un mare di berretti bianchi.
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