La conferenza stampa di Joe Biden, nella notte italiana, per replicare al rapporto del procuratore speciale - Ansa
Un «uomo anziano con scarsa memoria». Così il procuratore speciale americano Robert Hur definisce il presidente Joe Biden in un passaggio del suo rapporto sulla diffusione di documenti riservati quando Biden era vicepresidente. Il commander in chief ne esce scagionato, dal punto di vista legale, ma indubbiamente danneggiato nell'immagine tanto più a corsa iniziata per le elezioni presidenziali del 5 novembre. Per quanto il suo rivale, l'ex presidente Donald Trump, sia più giovane di lui solo di quattro anni: Biden è nato nel novembre 1942, Trump nel giugno 1946.
Il procuratore: Biden è innocente ma smemorato
Sono diversi i passi imbarazzanti contenuti nel rapporto del procuratore. Anzitutto, quelli che descrivono come le carte erano custodite: i documenti segreti sull'Afghanistan erano conservati in una scatola di cartone usurata tenuta nel garage dei Biden, insieme a oggetti domestici tra cui una scala e un cesto di vimini. I notebook contenenti informazioni riservate erano tenuti in casa, in cassetti aperti.
Nel rapporto si legge anche che lo staff di Biden sapeva che lui rimuoveva materiale riservato dai suoi briefing book per un uso futuro e talvolta non riusciva a recuperare quei materiali. «Non esisteva alcuna procedura per rintracciare parte del materiale riservato che Biden aveva ricevuto al di fuori dei suoi briefing book» scrive il procuratore.
Il rapporto, sebbene scagioni il presidente dal punto di vista legale, è motivo di imbarazzo per Biden, che oltretutto punta la sua campagna elettorale su competenza ed esperienza per contrapporsi a Trump.
Due le conseguenze del rapporto. La prima è la levata di scudi dei Repubblicani e dello stesso Trump, che accusa il sistema giudiziario di «doppio standard». La seconda è che il presidente si è visto costretto ad annunciare a sorpresa un discorso per spiegare davanti alla nazione che sarà pure anziano, è vero, ma ha ottima memoria.
Lo speaker della Camera: Biden «non idoneo». E anche Trump attacca
Lo speaker della Camera ha attaccato Biden definendolo «non idoneo» per la Casa Bianca: «Un uomo così incapace che non può essere incriminato per aver mal custodito le carte è certamente inadatto allo Studio Ovale», ha dichiarato Mike Johnson, stretto alleato di Trump.
Lo stesso ex presidente si è scagliato contro la decisione del procuratore speciale di non incriminare Biden: «Questo caso ha dimostrato che il sistema giudiziario ha un doppio standard e i processi contro di me sono selettivi e incostituzionali!», ha attaccato. «Il caso di Biden è 100 volte diverso e più grave del mio», ha tuonato. I senatori repubblicani Rick Scott, Mike Lee e Josh Hawley e i deputati Mary Miller, Marjorie Taylor Greene e Mike Collins - fedelissimi dell'ex leader - hanno invocato il 25esimo emendamento per chiedere l'uscita di Biden. Il provvedimento consente di rimuovere il presidente senza che sia necessario elevare accuse precise. E' sufficiente che il vice e la maggioranza del governo trasmettano una lettera al Congresso sostenendo che il presidente non è in grado di esercitare i poteri e i doveri del suo ufficio. Il caso più noto in cui vi si è fatto ricorso è stato dopo lo scandalo "Watergate" quando Gerald Ford nel 1974 prese il posto di Richard Nixon.
Biden costretto a difendersi: non sono sbadato. E fa una gaffe
Dopo la diffusione del rapporto, la Casa Bianca ha annunciato a sorpresa una conferenza stampa del presidente. Il quale si è visto costretto a difendersi dall'accusa di essere sbadato e smemorato anche a causa dell'età che avanza. «Il procuratore speciale ha concluso che io non ho commesso nessun crimine con le carte classificate - ha esordito -. Non solo: io ho collaborato con la giustizia, deponendo per cinque ore in due giorni, l'8 e il 9 ottobre, all'indomani dell'attacco di Hamas contro Israele, quindi nel bel mezzo di una crisi internazionale». «Trump al contrario ha mentito e non ha collaborato», ha aggiunto.
«La mia memoria è a posto, guardate quello che ho fatto da quando sono presidente» ha proseguito Biden. Per poi ammettere: «Avrei dovuto prestare più attenzione a come quei documenti venivano gestiti».
Ma uno dei passaggi del rapporto che più hanno irritato il presidente è stato quello in cui il procuratore mette in dubbio la sua memoria sostenendo che non ricordasse la data della morte del figlio Beau. «Come ha osato?», ha detto Biden visibilmente scosso. «Ricordo ogni minuto, ogni istante di quel giorno».
Rispondendo a un giornalista, l'inquilino della Casa Bianca è incorso però in un'altra delle sue celebri gaffe. Parlando della situazione a Gaza, ha detto Messico invece di Egitto: «Come sapete, inizialmente il presidente del Messico Sisi non voleva aprire l'accesso per permettere l'ingresso di materiale umanitario. Gli ho parlato, l'ho convinto a aprire l'accesso». Ovviamente il riferimento era al presidente dell'Egitto Abdel Fattah al-Sisi.